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Come volevasi dimostrare: le RSA chiudono

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Come ipotizzavamo pochi giorni fa, molte realtà assistenziali legate agli anziani hanno chiuso gli ingressi ai visitatori. Dopo la Lombardia e molte altre città, ieri è arrivata anche Reggio Emilia. La decisione di sospendere le visite dei familiari all’interno delle strutture per anziani è stata presa all’unanimità dalla Ctss guidata dal presidente della Provincia, Giorgio Zanni, destando a nostro avviso non poche perplessità. 

 

È indubbio che l’intenzione possa essere animata dalla buona fede: si è orientati a credere che più le restrizioni e gli accessi siano limitati — in questo caso sospesi — e più il pericolo di contagio all’interno di luoghi dove risiedono persone fragili sia ridotto (molto meglio, tutto sommato, del DPCM datato 13 ottobre 2020, dove alle RSA vengono dedicate pochissime righe di scarica barile, quasi come non fossero gli unici luoghi dove attualmente potrebbero verificarsi ulteriori morti). 

 

Da quando la Regione Emilia-Romagna ha riaperto le visite ai familiari, esse sono state disposte attraverso modalità di sicurezza prevedendo tutte le precauzioni possibili: visite su appuntamento, doppi triage, distanziamento, dispositivi di protezione individuale per ospiti e parenti, disinfezione di spazi e superfici, supervisione degli incontri da parte del personale sanitario

Il presidente Zanni, come riportato ieri anche da Il Resto del Carlino nella cronaca dedicata alla città emiliana, sostiene che così facendo viene preservata «la salute degli ospiti e degli operatori». 

 

Siamo così sicuri però che il problema reale sia questo? Da quando la Regione Emilia-Romagna, attraverso il Decreto N. 109 del 12 giugno ha riaperto le visite ai familiari, esse sono state disposte attraverso modalità di sicurezza prevedendo tutte le precauzioni possibili: visite su appuntamento, doppi triage, distanziamento, dispositivi di protezione individuale per ospiti e parenti, disinfezione di spazi e superfici, supervisione degli incontri da parte del personale sanitario. Non possiamo perciò pensare alle visite per quelle che erano prima del periodo pre-COVID  giacché ora si tratta di visite assolutamente sicure. Anzi: potremmo affermare che se fatte con tutte le precauzioni e le attenzioni previste, le visite dei familiari siano le azioni più sicure che avvengono all’interno delle RSA.

 

Parimenti siamo sicuri che questa nuova chiusura non sia essa stessa un problema per la salute degli anziani e finanche degli operatori stessi, costretti a tramutarsi, ancora una volta, non solo in professionisti dell’assistenza alla persona ma a farsi, con tutto un carico di difficoltà, ancora una volta «famiglia»? 

 

Le residenze per anziani sono certamente luoghi familiari, dove il servizio offerto ha una grossa componente sociale e assistenziale, ma questo non può sostituirsi al contatto interno-esterno di cui l’anziano ha indispensabilmente bisogno: chiedete ad un anziano residente in una RSA di cosa abbia fondamentalmente bisogno, e vedrete che egli non vi risponderà pensando al cibo, all’igiene, alla tombola o qualsivoglia altra attività. La risposta sarà sempre questa: «Ho voglia di casa mia, ho voglia di vedere e stare con la mia famiglia». Questo non perché in RSA stia male, ma perché la famiglia e la relazione con l’esterno è qualcosa di insostituibile e di irrinunziabile.

Potremmo affermare che se fatte con tutte le precauzioni e le attenzioni previste, le visite dei familiari siano le azioni più sicure che avvengono all’interno delle RSA

 

La dottoressa Francesca Nota, psicologa genovese specializzata nella formazione di operatori socio-sanitari, a proposito di una nuova chiusura delle visite ai parenti ha parlato al Fatto Quotidiano di «un nuovo trauma che sarebbe molto difficile da superare». E ha aggiunto: «A che pro sopravvivere da un punto di vista fisico se poi viene a mancare l’aspetto emotivo, redazionale, familiare e di sostegno? Per alcuni ospiti il vuoto vissuto è stato talmente forte che non c’è stato niente che si stato in grado di compensare questa mancanza e si sono lasciati morire». 

 

Ecco perché crediamo non si possa parlare di «salute degli ospiti preservata» riferendosi alla sospensione degli accessi.

 

«A che pro sopravvivere da un punto di vista fisico se poi viene a mancare l’aspetto emotivo, redazionale, familiare e di sostegno? Per alcuni ospiti il vuoto vissuto è stato talmente forte che non c’è stato niente che si stato in grado di compensare questa mancanza e si sono lasciati morire»

È vero che la Ctss ha parlato di un mandato diretto per trovare spazi protetti e modalità per riprendere gli accessi con maggiore sicurezza, magari attraverso l’utilizzo di plexiglas. Ma allora a che pro la decisione di sospendere per 30 giorni? Quasi tutte le RSA e la CRA sono già ampiamente preparate ed accessoriate nel migliore dei modi per gestire le visite. Nessuno, del resto, può assicurare che questi 30 giorni non diventino, 40, e poi 60 e poi 100. 

 

L’assistenza alle persone anziane non è fatta solo di tecnicismi e di calcoli. Assistere gli anziani vuol dire prendersi cura di loro in tutto e per tutto, ristabilendo quella azione sinergica ed indispensabile che regge sopra la triade anziano, famiglia e servizi, già fin troppo martoriata nei mesi di febbraio, marzo e aprile. 

 

Questo non possiamo e non dobbiamo mai dimenticarlo.

 

La risposta sarà sempre questa: «Ho voglia di casa mia, ho voglia di vedere e stare con la mia famiglia»

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

 

 

 

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