Economia

Cina, proposte tecniche di de-dollarizzazione

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Con un  articolo del Global Times, quotidiano in lingua inglese del Partito Comunista Cinese, è cominciata la promozione dell’uso di singole valute nazionali invece del dollaro come valuta di riserva globale per il commercio: in pratica, la de-dollarizzazione conseguente alla follia delle sanzioni alla Russia.

 

I cinesi, ovviamente, spingono in particolare per la loro valuta nazionale, lo yuan (detto anche renminbi). L’idea è altresì quella di diffondere il sistema di pagamenti interbancari transfrontalieri cinese chiamato CIPS.

 

Secondo il quotidiano pechinese, in questo momento già 1.300 banche a livello internazionale starebbero utilizzando il CIPS.

 

Anche che lo yuan ha registrato una rapida crescita nell’uso commerciale e nel 2021 è diventato, anche se a molta distanza dai primi, la quarta valuta più utilizzata.

 

«Nelle ultime settimane, sono emersi esempi molto incoraggianti in cui le principali potenze commerciali hanno iniziato a chiedere l’elaborazione del commercio bilaterale nelle proprie valute. Ad esempio, l’India e la Russia hanno concordato uno schema di cambio rupia-rublo per scambiare petrolio greggio e altri prodotti e, secondo quanto riferito, Arabia Saudita e Cina stanno discutendo di utilizzare lo yuan cinese per elaborare gli acquisti di petrolio» scrive il Global Times.

 

«In effetti, il panorama geopolitico globale in rapida evoluzione sta costringendo molti governi a ripensare la fattibilità e, soprattutto, l’imparzialità e la rettitudine dell’attuale sistema finanziario mondiale, in cui il dollaro USA ha sempre  svolto un ruolo predominante dalla fine della Seconda Guerra Mondiale».

 

«In quanto colossale economia di oltre 18 trilioni di dollari, la Cina dovrebbe essere in massima allerta e avviare una serie di piani di emergenza nel caso in cui gli Stati Uniti e i loro alleati decidessero di confrontarsi con la Cina. Il governo degli Stati Uniti ha reso la Cina uno dei suoi principali rivali strategici, promettendo di adottare qualsiasi misura per contenere l’ulteriore crescita economica di questo Paese».

 

Si tratta dell’ennesimo riprova del disastro – nazionale, globale, storico – davvero senza precendenti messo in atto dall’amministrazione Biden, la peggiore mai vista da che esistono gli USA. Essa aveva non più tardi di pochi giorni fa tentato di convincere la Cina a non parteggiare per la Russia. Ottenuto un gentile diniego da parte dei cinesi (che vedono nella situazione di Mosca quello che può succedere a Pechino a breve), l’indomani la Casa Bianca aveva già cominciato a sanzionare notabili della Repubblica Popolare Cinese (esattamente quello che ha fatto in questo decennio e in questi giorni con i russi).

 

La Cina già da due anni sta diminuendo le sue riserve di dollari.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’Arabia Saudita starebbe valutando l’idea di scambiare il petrolio in yuan invece che in dollari: questa sarebbe la fine del petrodollaro, e quindi della sovrabbondante ricchezza americana.

 

Nel frattempo, l’India e la Russia stanno discutendo di scambi di gas in rupie o rubli – anche qui, tagliando fuori la moneta americana.

 

Bisogna pregare solo che, una volta che la demenza senile degli USA avrà compreso il vicolo cieco in cui si sono cacciati – una manovra che farà perdere loro per sempre l’egemonia economica sul mondo – essi non reagiscano con la violenza atomica.

 

Viviamo tempi interessanti, nel senso della, forse apocrifa, popolare maledizione cinese: «che tu possa vivere tempi interessanti». Cioè, giorni di caos e inquietudine, lontani dall’equilibrio e dalla pace.

 

 

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