Pensiero

Cibo a base di vermi e insetti in Gazzetta Ufficiale. Ma lo schifo la destra melonica ce lo sta facendo mangiare da un po’

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L’uso degli insetti nel cibo è ora consentito in Italia. Le farine a base delle larve del verme della farina minore (Alphitobius diaperinus), delle larve gialle della farina (Tenebrio molitor), delle locuste migratorie e dei grilli domestici (Acheta domesticus), in forma congelata, essiccata o liofilizzata, sono oggi permesse dallo Stato italiano

 

A fine anno, aveva fatto il giro di Whatsapp e Telegram lo screenshot dell’edizione della Gazzetta Ufficiale che sanciva la liceità dell’insetto come alimento anche nel Bel Paese, dove gli abitanti tanto sono fieri delle proprie tradizioni culinarie, e ti stressano ogni ora con dettagli su quello che mangiano e quanto è bello.

 

Ora, invece, italiani, mangiatevi pure anche gli insetti.

 

Qualcuno mi ha anche raccontato di aver provato a parlarne con esponenti di Fratelli d’Italia, il partito sedicente nazionalista e sovranista che costituisce la magna pars (magna nel senso dell’aggettivo latino per «grande», non come coniugazione del verbo magnare) dell’attuale governo.

 

«Non è mica obbligatorio» si difende il Fratello d’Italia. Eccerto, non lo è – al momento. Potrebbe non esserlo, anzi, come non lo era il vaccino: ricordate, mica era obbligatorio sierarsi. Come no.

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C’è da considerare poi la questione che, anche se non obbligatorio, l’insetto può finire in un impasto, quindi te lo mangi senza saperlo: colpa tua che non hai letto la microscopica tabella degli ingredienti nella confezione, e indentificato, dopo diecine di elementi chimici, anche il nome scientifico dell’invertebrato la cui poltiglia ti sei ingollato.

 

Tutto con buona pace di chi sta ponendo interrogativi sui parassiti degli insetti (un tema vasto) e sulla digeribilità delle sostanze di cui sono fatti gli esoscheletri chitinosi di queste bestie.

 

Ma come? Scusate, la destra al governo non era quella che aveva montato un’eroica resistenza contro la carne sintetica, mettendosi di traverso perfino al capo dello Stato? Non avevamo al governo un partito che automaticamente avrebbe difeso la tradizione italiana, la sovranità pure alimentare. Un partito che naturaliter avrebbe difeso la legge naturale. No?

 

Maddeché. Sentite la voce: magnateve ‘sto insetto, e state ‘bboni. L’accento romano vi riecheggi nella testa, mentre tentate di digerire la pasta di grillo.

 

Realizzatelo: il governo Meloni apparecchia la tavola del futuro, aprendo la strada a quello schifo che epperò è tanto sostenuto dall’Europa, da Klaus Schwab col WEF, un domani dal solito Bill Gates, da tutto l’oligarcato mondialista del Nuovo Ordine in coro.

 

La questione è che non è l’unico schifo che ci sta rifilando il governo giorgiano. È più di un anno che sta là, e di cose ributtanti sotto il naso ce ne hanno fatte passare tante.

 

Abbiamo annotato, dal primo momento, il programma della Meloni, fatto dire dalla sorella e da personale vario prima di essere declamato alle Camere riunite, che la legge sull’aborto non l’avrebbe mai toccata – e si tratta, ricordiamo, del partito della destra, dei conservatori, di quelli vicini ai cattolici (al punto che ad una certa Giorgia mette la mano sul braccio del pontefice, e pazienza ‘sti protocolli). La realtà dietro la conoscevamo: è il network neodemocristiano che l’aborto l’ha reso possibile e digeribile a quarant’anni di esistenza del Paese, Giorgia ne ha cooptato i pezzi direttamente del governo, così il tema è chiuso.

 

C’è stata la nomina immediata di un membro del CTS – la cabina di regia biotecnocratica che programmava le clausure e le sierizzazioni di massa, cantando le lodi della pozione miracolosa mRNA – a ministro della Sanità. Se qualcuno l’aveva votata – perché chiaramente non memore di quel 25 settembre 2021 in piazza Duomo a Milano quando Giorgia scappò dinanzi alla massa no green pass lasciando che qualche sostenitore FdI cercasse lo scontro con la protesta, contatto evitato appena dai celerini – si sarà grattato la testa, pensiamo. Soprattutto poi quando sono cominciati i goal di Schillaci, come le nuove campagne vaccinali e per la riproduzione artificiale a carico del contribuente.

 

C’è stata la questione dello specchietto per le allodole della fine anticipata dell’obbligo e del reintegro dei non vaccinati voluta dalla Meloni, che in realtà era un assist alla Consulta per aprire la pista ad un futuro di vaccini forzati. Tutti urlavano di gioia, noi invece lo abbiamo detto subito: hanno alzato la palla alla Consulta per schiacciarvi con l’obbligo vaccinale più infernale. Detto, fatto. Magra consolazione aver ragione anche qui.

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Ritorniamo con la mente poi il G20 di Bali, e la firma della premier al documento finale che prevedeva i passaporti vaccinali digitali internazionali. O pensiamo a quando in Giappone si è lasciata investire dal figlio canadese di Fidel Castro (Castreau). O a quando in Albania ha incontrato un uomo di Soros.

 

C’è il caso, apparentemente più leggero, del «cognato d’Italia», il Lollobrigida, pure parente dell’attrice maggiorata recentemente defunta, ma famoso per altri motivi: ecco la fermata del Frecciarossa prevista per lui all’aeroporto, ecco la dichiarazione estiva del fatto che nelle case degli italiani poveri si mangia meglio (una preparazione all’era del pranzo invertebrato?). È chiaro che Repubblica e compagnia si danno ancora i pizzicotti, uno così dove lo trovano? Una fonte di scandalo e zimbellamento più sicura e pulsante, è possibile?

 

Il cognato del premier aveva dato anche sulla questione degli insetti gastronomici in Gazzetta Ufficiale: il 3 dicembre aveva vergato un post sui social dove aveva assicurato che i decreti pubblicati mentre gli italiani digerivano zampone e panettone nelle ultime ore del 2023 non «”liberalizzano” il consumo di farine e alimenti derivanti da insetti». No, certo che no: cioè sì… è che c’è un’autorizzazione avvenuta a livello europeo e che «vincola ogni paese facente parte dell’UE», anzi, il governo di sua cognata ha messo «regole rigidissime» per chi produce, regole «volte ad informare minuziosamente i nostri cittadini che consumano, in modo tale che chiunque voglia possa evitare facilmente di acquistare questi prodotti, o viceversa». Eccallà: com’è che diceva quell’altro? Non è mica obbligatorio…

 

A noi, più che per la sequenze di perle lollobrigide come questa che finiscono ciclicamente giornali, ci ha colpito quando si è rimangiato un discorso sulla situazione etnica, arrivando a negare di conoscere la questione del Piano Kalergi. Machedaverodavero? Decenni in FdI, PdL, AN, forse pure nel Movimento Sociale, e il nome del conte Kalergi mai lo aveva udito?

 

Pensiamo proprio agli immigrati: sì, con il governo Meloni, dato di pochi giorni fa, gli sbarchi sono aumentati, Lampedusa di fatto un’isola africanizzata, un inferno migratorio fatto e finito. Ci aveva promesso il blocco navale, invece ci ritroviamo a dire che da quando c’è lei i barconi arrivano in orario.

 

Ci sono poi questioni drammatiche come quella dell’onorevole Fratello d’Italia che porta una pistola alla festa di capodanno e un ragazzo rimane ferito: si tratta, anche qui, di una catastrofe delle aspettative per chi, come qui su Renovatio 21, sogna un’Italia dove sia possibile l’open carry (cioè un porto d’armi che permette di tenere seco fucili e pistole, anche apertamente, come in certi Stati americani).

 

Il partito della Meloni, con la Lega, era riconosciuto come amico dei cacciatori e amico dei poligoni di tiro, ed un governo di destra, si pensava, avrebbe potuto solo estendere le libertà del cittadino che vuole armarsi. Ebbene, dopo la bravata di San Silvestro alla Pro loco di Rosazza, credete che sarà facile che arrivi una qualche legge che favorisca le armi da fuoco, ne alleggerisca la burocrazia, ne potenzi anche solo la cultura?

 

Credete che vi sarà fornito il modo di difendere la vostra casa, la vostra famiglia dall’anarco-tirannia calergista che stanno installando nel vostro quartiere a suon di africani lasciati sbarcare col gommone? Il fenomeno, sempre per restare al capodanno 2024, è già piuttosto visibile.

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Uno dice che però ci siamo risparmiati il MES. Vero, ma la questione è che nemmeno doveva finire sul tavolo, considerando quanto pensato, detto, promesso, fatto negli ultimi anni. Invece se ne è discusso, ci hanno fatto stare col fiatone, invece che dirci che l’Italia non si sarebbe sottomessa ancora, punto e stop. Suspence dura e pura per il popolo sovranista, almeno fino a quando, da quanto ci pare di capire, la situazione è stata risolta da un blitz di Salvini, più che dalle ferme decisioni dirimenti della Meloni, che fa gli occhi dolci al Palazzo di Bruxelles e al PPE e il broncio a Marine Le Pen e AfD.

 

E poi dobbiamo pensare alla guerra: forniamo armi per uccidere uno dei pochi popoli che ama davvero i nostri prodotti – e ama anche noi – cioè i russi. Le sanzioni che abbiamo accettato di piazzare su Mosca distruggono miliardi e miliardi di esportazioni del tessuto produttivo italiano; il rifiuto del gas russo ha creato il fenomeno allucinante delle bollette pazze per le famiglie e la deindustrializzazione di interi comparti dell’economia produttiva italiana.

 

Possiamo ringraziare, della pazzia masochista antirussa, solo Giorgia e i suoi sgherri accucciati sotto la NATO, e diciamo a tutti grazie pure per aver fatto tornare l’incubo della distruzione termonucleare che pensavamo finito sotto il Muro di Berlino, ma che invece oggi rinasce sotto forma dell’idolatria, ben propalata anche dall’Italia melonica, di un buffone fatto feticcio per ordine dell’establishment mondialista.

 

Ora, a poche ore da quando sarà pubblicato questo articolo, pare che Report manderà in onda un servizio che parlerà dei traffici del padre della Meloni. Diciamo subito, anche prima di vedere la trasmissione, che troviamo questo fatto rivoltante: che ad una figlia separata dal padre (pare per volontà della stessa bambina) sia fatto ricadere fango vecchio di decenni e che non la riguarda è osceno davvero, sono colpi bassi inimmaginabili.

 

Così come è qualcosa di aberrante quello che la Meloni ha dovuto subire con i fuori onda del più potente programma della TV nazionale, che parrebbe aver messo la parola fine alla relazione con il suo uomo: di mezzo c’è una bambina, tutti se ne sono fregati allegramente, era più importante mostrare scenette private squalificanti.

 

Quindi, sia chiaro: mai ci presteremo a quell’odio cieco e artificiale, portato avanti con strumenti immorali, che stanno cercando di montare contro la figura della premier.

 

Ciò detto, se il servizio di Report riguarderà i rapporti del partito con la ‘Ndrangheta, allora sarà interessante ascoltarlo. Perché sappiamo che i calabresi, che grazie al monopolio della cocaina sono forse la mafia più ricca del mondo (ricca, ricchissima – e silenziosa) non è che bazzicano solo dalle parti del FdI, arrivando fino a Nord. Noi che abbiamo tenuto qualche appunto, ricordiamo i casi di indagini su figure del PD in Toscana e in Emilia: anzi, rammentiamo proprio l’operazione Aemilia (2015) che portò all’arresto di 160 persone in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia. Le inchieste, è riportato, arrivarono fino ad un certo punto. Poi alla mente sovviene il capolavoro: l’incontro dei boss della ‘Ndrangheta al circolo Arci «Falcone e Borsellino» di Paderno Dugnano, Lombardia.

 

La storia del patto tra ‘ndranghetisti ed esponenti neri, dove talvolta qualcuno piazza pure lo zampino della massoneria, è antica. Certo è curioso che l’unica rivolta di destra degli anni caldi fu proprio a Reggio Calabria, quella dove si coniò il celeberrimo slogan neofascista «boia chi molla».

 

Tuttavia, qui la questione è più pratica, aritmetica: la crescita ipertrofica di FdI, che si trova nella condizione di avere più preferenze che candidati, più potere che idee, più poltrone che uomini da passare, apre giocoforza ad infiltrazioni di ogni tipo, e non parliamo solo della mafia. Della cooptazione di vecchi spezzoni democristiani abbiamo detto. Dell’ingresso di qualche ulteriore figura di garanzia per l’oligarcato neoliberale mondialista sapremo probabilmente a breve.

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L’asticella si alza: ora dicono che Macron, che aveva giurato vendetta vera già da quando la Meloni maramaldeggiava sulla decomposizione dell’«Impero francese» sputtanando in TV il franco coloniale, metterà alla presidenza della Commissione Mario Draghi, che sembrava aver promesso una mentorship alla Meloni, ma forse non tutto è andato come doveva.

 

Con Draghi a capo dell’Europa, a Roma spetterà un commissario minore, e ci ritroveremo così con nessun peso in Europa, perché se c’è una cosa di cui possiamo essere certi è che Mario non farà il gioco dell’interesse nazionale – lo sappiamo dai tempi del Britannia e degli «invisibili britannici», lo sappiamo dai tempi in cui era a capo della BCE a Francoforte, unica carica in cui i tedeschi non vorrebbero mai vedere un italiano, invece eccotelo lì.

 

È, ammettiamo, un bel casino. È il risultato del sovranismo alla romana.

 

È un anno di schifo che ci hanno messo sul piatto, cercando pure di ricattarci dicendo che non c’è altro da mangiare.

 

Continuate pure, noi però i vermi non li mangiamo.

 

Come disse nostro signore: «Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno». (Mt 17,21)

 

E noi preghiamo, e digiuniamo. Non mangeremo nemmeno mezza fetta di questo schifo.

 

Roberto Dal Bosco

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