Sport e Marzialistica

Che cos’è il Budo?

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Budo: una parola che qualcuno può aver sentito già, specie se ha qualche trascorso nella marzialistica. È più facile, tuttavia, aver presente la parola Bushido (武士道), che ha gli stessi caratteri: la via del guerriero, il codice cavalleresco, il mos maiorum del samurai.

 

Budo tuttavia è il termine che nel mondo moderno, dove i samurai sono estinti, ricorre di più.

 

Budō (武道) è il vocabolo che nella lingua giapponese rappresenta le moderne arti marziali. Tradotto letteralmente, significa «Via Marziale», e può essere interpretato come «Via della Guerra» o «Via delle Arti Marziali».

 

La parola Budō è composta dalla radice «bu» (武), che significa «guerra» o «marziale», e «» (道; dào in cinese, da cui 道德经, Dàodéjīng o Tao Te Ching: «il Libro della Via e della Virtù»), che rappresenta l’unione di mente e corpo e significa «sentiero» o «via» – un concetto orientale che ricorre anche nell’induismo e nel buddismo: il «mārga», in sanscrito, cioè il «sentiero».

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Il Budō implica la formulazione di idee, la loro critica filosofica e la pratica di un «percorso» per realizzarle.

 

Osservando il carattere bu (武) si può notare che è a sua vola composta da altri due caratteri, che sono hoko (戈), cioè «lancia», «arma», e tomeru (止) che significa «fermare», «arrestare».

 

, traducibile come «ciò che conduce», significa anche «modo di vivere». Nel contesto giapponese, è un termine esperienziale che indica che la pratica, lo stile di vita che verifica la validità della disciplina coltivata attraverso una forma d’arte specifica.

 

Si usa dire che nel Budō moderno, non ci sono nemici esterni, solo quello interno: l’ego da combattere. «L’approccio con l’avversario deve essere dettato non da ostilità, ma piuttosto da un senso di rispetto e di gratitudine: a conclusione di un combattimento in cui ognuno ha dato prova delle proprie capacità senza risparmiarsi, nasce spontaneo il desiderio di un ringraziamento che riconosca all’avversario tutto il suo valore» dichiara nel 2005 Masajūrō Shiokawa, Presidente della Fondazione Nippon Budōkan. «Ecco dunque che, infine, si può aspirare alla costruzione di una società pacifica in cui valorizzare se stessi e gli altri».

 

Similmente al Budō, il termine bujutsu è composto da «bu» (武) e «jutsu» (術), che significa tecnica. Pertanto, Budō viene tradotto come «via marziale» o «via della guerra», mentre bujutsu è tradotto come «scienza della guerra» o «arte marziale». Tuttavia, fuori dal Giappone, Budō e bujutsu vengono spesso usati in modo intercambiabile con il termine «arti marziali».

 

La differenza tra Budō e bujutsu è sottile; mentre il bujutsu si concentra solo sull’aspetto fisico del combattimento (come sconfiggere al meglio un nemico), il Budō considera anche la mente e lo sviluppo personale.

 

Le prime occorrenze significative del termine budō risalgono al Kōyō Gunkan (XVI secolo), un documento riguardante le gesta militari di un nobile clan di guerrieri dove veniva usato per descrivere lo stile di vita dei samurai piuttosto che la pratica delle tecniche marziali.

 

La parola è stata successivamente ridefinita nel significato attuale dallo spadaccino, poi sindaco di Tokyo, Nishikubo Hiromichi (1863-1930) e dal Dai Nippon Butokukai («Società delle Virtù Marziali del Grande Giappone»), quando il nome della loro scuola professionale di arti marziali fu cambiato da bujutsu senmon gakkō («scuola specializzata nel bujutsu») a Budō senmon gakkō («scuola specializzata nel Budō»).

 

Notoriamente, anche il fondatore Kanō Jigorō (1860-1938), ha contribuito a questa ridefinizione, scegliendo di chiamare la sua arte «Judo» invece di «jujutsu», detta oramai anche jujitsu, di cui Kano aveva studiato e padroneggiato ogni tecnica rimanendo però insoddisfatto.

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Nella storia moderna, il termine bujutsu si traduce come arte marziale, scienza militare o strategia militare, a seconda del contesto. Si caratterizza per l’applicazione pratica delle tecniche in situazioni reali o sul campo di battaglia.

 

Budō, che significa via marziale, ha un’enfasi più filosofica. Tuttavia, nell’uso corrente, Budō è considerato il termine generale per tutte le arti marziali in Giappone. Molti considerano il Budō una forma più civile di arti marziali, vista come un’interpretazione o evoluzione del vecchio bujutsu, che viene classificato come uno stile o una strategia più militarista.

 

Secondo questa distinzione, l’arte civile moderna tende a sminuire la praticità e l’efficacia a favore dello sviluppo personale, sia dal punto di vista fisico che spirituale. La differenza risiede negli aspetti più «civili» e quelli «militari» del combattimento e dello sviluppo personale. Budō e bujutsu rappresentano specifiche strategie o filosofie riguardanti i sistemi di combattimento, ma i termini sono spesso applicati in modo piuttosto approssimativo e intercambiabile.

 

Un punto di vista sulla terminologia è che il bujutsu rappresenta l’arte marziale che si pratica, mentre il Budō è lo stile di vita che si adotta e il percorso che si segue praticando un bujutsu. Ad esempio, si potrebbe dire che il Judo e il jujutsu praticati come arte marziale sono la stessa cosa, nel senso che la pratica dell’arte jujutsu porta a ottenere lo stile di vita del Judo (originariamente conosciuto come Kano Jujutsu, dal nome del fondatore Jigoro Kano).

 

Lo stesso vale per arti come il kenjutsu, che conosciamo comunemente come kendo, e lo iaijutsu, presente anche in molte città italiane come iaido.

 

Tra gli stili del Budō possiamo quindi considerare:

 

  • Judo: arte marziale basata sull’equilibrio, sul lancio e la sottomissione dell’avversario creata nel 1882 da Jigoro Kano.

KODOKAN JUDO 100 Techniques PV

 

  • Jujutsu: arte marziale che genericamente si riferisce al combattimento ravvicinato.

54 JuJutsu Techniques / Self Defence Syllabus / Traditional Japanese Ju Jutsu Ryu

 

  • Karate: arte marziale sorta ad Okinawa durante il Regno Ryukyu, comprende colpi come calci e pugni e, tradizionalmente, anche prese e lanci.

Okinawan karate master. Kata.

 

  • Kendo: arte marziale moderna che utilizza spade di bambù (shinai) e armature protettive (bōgu).

 

64th All Japan Kendo Championships — Final

 

  • Iaido: arte marziale che enfatizza l’essere consapevoli e capaci di estrarre rapidamente la spada e rispondere agli attacchi improvvisi

Hanshi 8th Dan Demonstration - The 51st All-Japan Iaido Championships (2016)

 

  • Jodo: detta anche Jōjutsu, arte marziale che utilizza un bastone corto chiamato .

Jodo Demonstration - Kagamibiraki 2019

 

  • Kudo: arte marziale ibrida a pieno contatto che mira a raggiungere sicurezza, aggressività, praticato con copricapo e guanti.

Kudo Daido Juku highlights 2021: The best of full contact martial arts

 

  • Kyudo: arte marziale giapponese del tiro con l’arco.

Kyudo − The Way of the Bow

 

  • Shōrinji kempo: arte marziale giapponese che si ritiene essere una versione modificata del Kung fu Shaolin.

Shorinji Kempo (JAPAN) Cool fighters

 

  • Sumo: forma di lotta rituale tra atleti sovrappeso, i cui incontri hanno ampio significato tradizionale per la società giapponese.

Yokozuna Hakuho vs Yokozuna Kakuryu - Outdoor Sumo

 

  • Aikido: arte marziale di estrema eleganza e spiritualità basata sulla difesa e sull’equilibrio fondata da Morihei Ueshiba (1883-1969)

 

Aikido Demonstration 2019 - Shirakawa Katsutoshi shihan

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Il Budō è stato presentato nel programma dimostrativo dei Giochi Olimpici estivi nel 1964. Ciò includeva dimostrazioni di Kyūdō, Kendo e Sumo.

 

Il Judo, che pure è considerato una forma di Budō, faceva parte del programma regolare dei Giochi nella capitale nipponica – l’arte marziale fondata da Jigoro Kano fu infatti inclusa tra le discipline olimpiche per la prima volta quell’anno proprio in occasione delle Olimpiadi di Tokyo, per poi essere esclusa nell’edizione 1968.

 

Successivamente, il Judo è stato presente a tutte le edizioni delle Olimpiadi, con l’estensione alla categoria femminile e la premiazione delle prime judoka alle Olimpiadi di Barcellona 1992.

 

Il Karate è stato incluso per la prima volta nei Giochi Olimpici estivi ai Giochi del 2020 a Tokyo, in Giappone. Dopo che fu annunciato che non sarebbe stato incluso nel 2024, nell’agosto 2022 fu annunciato che il Karate era stato inserito nella rosa dei candidati per l’inclusione nei Giochi del 2028, anche se alla fine non fu selezionato

 

Il Karate olimpico prevedeva due tipi di eventi: Kumite (la parte del Karate in cui si combatte contro un avversario) e Kata («forme»: coreografie dettagliate dei movimenti marziali). Sessanta atleti provenienti da tutto il mondo hanno gareggiato nella gara di Kumite e venti nella gara di Kata. Entrambe le divisioni della competizione erano divise 50/50 tra uomini e donne.

 

Molti si chiedono perché il kendo, sempre più praticato anche all’estero, non costituisca disciplina olimpica.

 

I seguaci dell’Aikido, invece, sono più scettici riguardo l’inclusione della loro «via» tra gli sport olimpici: anche perché non pochi ritengono che, in realtà, divenire una disciplina dei Giochi può aver cambiato in Judo, attenuandone, secondo i critici, gli aspetti spirituali e pure di tecnica marziale vera e propria: sono ora privilegiate, infatti, le prime due categorie delle tecniche del Judo, il nage-waza (投げ技, «tecniche di lancio»), e il katame-waza (固技, tecniche di presa), lasciando sempre più dimenticato l’atemi-waza (当て身技, tecniche per colpire) e quindi allontanandosi dallo shinken shobu-waza (真剣勝負技), ossia, letteralmente, dalle «tecniche del combattimento reale»..

 

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Immagine di Rodrigja via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International

 

 

 

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