Economia

Ceramica, acciaierie, cartiere: interi settori industriali stanno chiudendo

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Il disastro della guerra ucraina, che il governo sta complicando armando una delle due parti e inimicandosi del tutto l’altra, ha un effetto diretto sull’industria nazionale.

 

Il settore era già in estrema difficoltà a causa dell’aumento del costo dell’energia, che aveva obbligato aziende, ben prima della guerra, a modificare i propri orari o a fermare totalmente la produzione.

 

Ora alla questione energetica si è aggiunta la carenza di materie prime, che spesso arrivano da Russia e Ucraina.

 

In crisi totale è entrato il comparto siderurgico. I costi delle forniture sono alle stelle. Nickel +93%, Coke +54%, alluminio +20%, ghisa +16%. E sono solo alcuni degli aumenti: mentre scriviamo, e possibile che siano cresciuti ancora di più.

 

L’intero distretto dell’acciaio bresciano sta subendo il contraccolpo, con varie storiche aziende che hanno cominciato le chiusure. Tutte pagano una mancanza immensa: l’incapacità dello Stato italiano, e del super-Stato europeo, di tutelare gli interessi della loro industria con una politica estera e industriale. Nessuna rete di salvataggio predisposta, e, soprattutto, nessun programma di risolvere la questione: anzi, stiamo passando alla guerra delle armi, magari fatte in Italia proprio con i metalli russo-ucraini.

 

Sostituire le forniture che venivano da Russia e Ucraina in breve tempo è pressoché impossibile: ed è, soprattutto, assai costoso.

 

Il vetro è in estrema difficoltà: si tratta di un lavoro estremamente energivoro, che usa il gas. Il costo del combustibile oggi non rende sostenibile economicamente l’attività. Ha fatto scalpore che anche le vetrerie degli artigiani di Murano stanno chiudendo.

 

Un altro comparto in estrema difficoltà è quello della ceramica, che ha il suo epicentro nazionale a Sassuolo, in provincia di Modena.

 

L’argilla necessaria per le industrie ceramiche veniva da cargo che salpavano dai porti di Mariupol e Odessa per arrivare a Ravenna, e da lì nel sassolese. Vi sarebbero almeno 30 fabbriche che hanno sospeso le attività. Alcuni operatori del settore sentite da Renovatio 21 parlano di pochi giorni di autonomia per le industrie rimaste aperte.

 

Una catastrofe socioeconomica immane: ma politici e giornali ci parlano di profughi ucraini e green pass.

 

Renovatio 21 ha spesso sottolineato il problema alla catena alimentare che si sta ingenerando. Il gruppo norvegese Yara, leader della produzione di fertilizzanti, ha fermato la produzione nel suo impianto di Ferrara.

 

Come noto, l’olio di girasole (assieme ad altri semi oleosi) sta scomparendo: e non è detto che riappaia l’anno prossimo, perché non è detto che con la guerra si stia seminando – sempre considerando che tra un anno sia tutto finito e i Paesi, anche quelli europei, ricomincino a commerciare fra loro.

 

C’è poi la situazione delle cartiere. Il gruppo Pro-gest, che ha una diecina di impianti in Italia, ha sospeso la produzione la settimana scorsa, per poi riattivare qualche giorno fa dopo una settimana di blocco. Altri grandi aziende stanno convocando i sindacati.

 

Secondo alcuni entrerà a brevissimo in crisi anche l’edilizia: da qui allo stop dei cantieri il passo sarà breve.

 

In pratica, siamo davanti ad uno shock economico sistemico totale, che non sembra generare la dovuta preoccupazione tra politici e media.

 

Sarà forse perché la disintegrazione dell’idea di lavoro è avvenuta, neanche troppo sottilmente, con l’imposizione di due anni di lockdown.

 

Sarà forse perché, guardando ancora ai fondi stanziati per il recupero dal COVID (bazecole, ora), c’erano tanti, tantissimi miliardi assegnati, più che al sostegno della produzione, alla «transizione energetica» e ancora più concretamente alla «digitalizzazione». Con il problema, certo non facilmente comprensibile per un deputato 5 stelle, che con la transizione e la digitalizzazione non si mangiano.

 

La globalizzazione ci mostra il suo volto oscuro, ma tranquilli: con probabilità, tutto questo era programmato.

 

Ripassiamoci il pensiero del Gruppo dei 30, in un volume firmato anche dal membro Mario Draghi, sulla bellezza della «distruzione creativa» delle economie nazionali.

 

Ribadiamo cosa sta succedendo: vi impoveriranno, vi faranno impazzire, vi sfibreranno, così da farvi accettare qualsiasi cosa, la fine dei vostri diritti, del giusto compenso per il vostro lavoro, il potere sempre più accentrato in una tecnocrazia

 

Da lì poi procederanno con il Reset, oltre che sociale, anche biologico e perfino psicologico.

 

È un processo di demolizione controllata, perpetrata con l’aiuto dei politici cui pagate lo stipendio.

 

Demoliscono il vostro Paese, la vostra fabbrica, la vostra famiglia.

 

Demoliscono l’essere umano. Con cosa lo sostituiranno?

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