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Biden invia il capo CIA per il «grande affare degli ostaggi» con il Mossad. Liberata la nipote di una acquirente dei quadri di Hunter
Il 28 novembre il Washington Post ha presentato una presunta grande notizia proveniente da fonti interne ben piazzate a Washington, secondo cui il presidente Biden aveva inviato il direttore della CIA William Burns in Qatar in una missione segreta per incontrare il capo del Mossad israeliano, David Barnea, per organizzare «un grande accordo sugli ostaggi» nella crisi israelo-palestinese.
Ciò che sembra ridursi a un tentativo di negoziare una proroga di dieci giorni della «pausa» originaria di quattro giorni nei combattimenti, al fine di ottenere la libertà degli ostaggi americani detenuti dal gruppo islamista Hamas.
Nessun cessate il fuoco duraturo; nessun aiuto umanitario ampliato; nessun tentativo di impedire agli israeliani di riprendere il massacro dei palestinesi una volta terminata la «pausa».
L’articolo del WaPo assicura che Burns sta svolgendo «un ruolo centrale nella gestione della crisi per il presidente Biden» e sta lavorando a un «accordo espansivo tra Israele e Hamas (…) Burns spinge per l’immediato rilascio degli ostaggi americani detenuti da Hamas».
I funzionari statunitensi stimano il numero di quegli ostaggi a otto o nove. L’articolo spiega che «Burns è emerso come il principale negoziatore statunitense nella crisi degli ostaggi, apprezzato dal presidente Biden per la sua vasta gamma di contatti in tutto il Medio Oriente e, in particolare, all’interno del servizio di Intelligence israeliano Mossad».
«Lo ascoltano e lo rispettano molto», avrebbe detto al WaPo una persona che ha familiarità con i negoziati. Da parte israeliana, il capo del Mossad David Barnea «è la persona israeliana chiave per questi negoziati», ha affermato Natan Sachs, uno studioso israeliano presso il think tank Brookings Institution. «È lui quello autorizzato a parlare a nome del primo ministro».
«I funzionari israeliani hanno detto alle controparti che il numero massimo di giorni extra che sono disposti a concedere è 10 prima di cercare di riprendere le operazioni militari, hanno detto persone che hanno familiarità con la questione» aggiunge il quotidiano della capitale USA.
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In USA vi era stata polemica, con annesse le solite domande sulla salute mentale del presidente, quando Biden aveva rivendicato la liberazione di ostaggi come un capolavoro della diplomazia statunitense, quando sembrava che nessun prigioniero con cittadinanza americana fosse stato liberato.
Tuttavia, poi è emerso che un ostaggio sarebbe stato liberato – e si tratterebbe, incredibile, di una parente di una «cliente» delle opere d’arte di Hunter Biden, che come noto pur non avendo nessuna carriera da pittore né esperienze artistiche (a meno che il crack e le prostitute non si possano definire come tali, cosa che considerando lo stato dell’arte contemporanea potrebbe pure essere possibile) anni fa si mise a vendere i suoi quadri in gallerie rinomatissimi per centinaia di migliaia di dollari.
Secondo quanto riferito, la prozia dell’ostaggio di 4 anni, di nome Elizabeth Hirsch Naftali, sarebbe una delle acquirenti opere d’arte da Hunter Biden. Ad un certo punto la Naftali, generosa donatrice del Partito Democratico USA, era stata nominata da Joe Biden anche membro della Commissione per la preservazione del Patrimonio Culturale americano all’estero.
Da notare come la Commissione della Camera USA per la supervisione e la responsabilità ha avviato un’indagine sul racket dell’arte di Hunter, concentrandosi sul suo potenziale utilizzo per il riciclaggio di denaro e l’«accesso a pagamento» alla stanza dei bottoni. Sebbene la Casa Bianca di Biden abbia insistito sul fatto che gli acquirenti d’arte di Hunter Biden sarebbero stati nascosti al pubblico, è stato rivelato che la Naftali aveva acquistato almeno un’opera d’arte di Hunter per quella che si ritiene essere una somma di denaro allettante.
«Uno di quegli acquirenti è davvero qualcuno che ha ricevuto un favore dalla Casa Bianca di Biden. La tempistica del loro acquisto, tuttavia, non è nota», aveva riferito a luglio Business Insider.
Robert C. O’Brien, un ex consigliere della sicurezza nazionale del presidente Trump, ha rincarato la dose, suggerendo che il recente pagamento di danaro all’Iran (6 miliardi di dollari) da parte dell’amministrazione Biden potrebbe aver incentivato i rapimenti.
While welcoming our Iran hostages home, I said at the time- paying ransom (eg unfreezing $6 billion) is problematic because it incentivizes new hostage taking & gives terrorists money for new operations. I didn't think we would see these points illustrated so vividly, so quickly.
— Robert C. O'Brien (@robertcobrien) October 8, 2023
«Mentre accoglievo a casa i nostri ostaggi iraniani, dissi all’epoca che pagare un riscatto (ad esempio sbloccare 6 miliardi di dollari) è problematico perché incentiva la presa di nuovi ostaggi e dà ai terroristi soldi per nuove operazioni. Non pensavo che avremmo visto questi punti illustrati in modo così vivido e così rapido», ha scritto l’O’Brien su Twitter.
Alcuni sospirano: non c’è giorno che il mondo non diventi un luogo più insicuro – e corrotto – per merito di quanto sta facendo la Casa Bianca di Joe Biden.
Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia