Cina

Arresti e controlli: le autorità cinesi sedano le proteste di massa

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Intensificata la repressione dopo le dimostrazioni anti-lockdown del weekend. Attivisti nel mirino della polizia. Le università spediscono gli studenti nelle loro città di origine. I media ufficiali continuano a tacere mentre si rafforza la propaganda sui social network. Twitter è bombardato da spam e pornografia per bloccare il dibattito su quanto sta accadendo.

 

 

Le autorità cinesi hanno rinforzato le misure di sicurezza nelle principali città dopo le massicce proteste dello scorso weekend contro la politica «zero-COVID» di Xi Jinping. Dimostrazioni sporadiche sono ancora in corso. Foto e video online mostrano alcune persone che si presentano ancora in strada con fogli bianchi, e attivisti anonimi mentre affiggono manifesti o striscioni nei campus universitari e in altri luoghi pubblici.

 

I fogli bianchi sono diventati il simbolo delle manifestazioni, che sfidano le restrizioni alla libertà d’espressione e la censura sotto il governo di Xi. La polizia è alla ricerca di chi ha partecipato alle proteste. Resoconti dei media dicono che alcuni attivisti sono scomparsi. Secondo l’AFP, le Forze dell’ordine hanno convocato per accertamenti molti dimostranti.

 

A inizio settimana le proteste di massa sono proseguite a Guangzhou (Guangdong). Anche se gli slogan politici non sono apparsi nelle manifestazioni in questa città, si sono verificati scontri feroci tra lavoratori migranti e polizia antisommossa.

 

A causa della mancanza di cibo e di possibilità di guadagno, i manifestanti hanno rimosso barriere e recinzioni per il lockdown, oltre a una tenda per i test con tampone. I poliziotti sono intervenuti per reprimere i manifestanti, che hanno reagito lanciando bottiglie di vetro.

 

L’ondata di proteste sfida con coraggio il Partito Comunista Cinese al potere e il suo leader supremo Xi, dopo che la politica di azzeramento del COVID ha portato alla stagnazione economica e alla conseguente crescita della disoccupazione.

 

La protesta a livello nazionale è iniziata nel centro di Shanghai, dove la gente ha commemorato le vittime di un incendio mortale nello Xinjiang: molti residenti incolpano le autorità e le misure di contenimento della pandemia per la tragedia.

 

I manifestanti a Shanghai hanno scandito slogan come «Partito comunista, dimettiti», «Xi Jinping, dimettiti». Le proteste sono divampate e la gente ha iniziato a chiedere democrazia e libertà.

 

A Shanghai, le autorità hanno eretto recinzioni lungo entrambi i lati delle strade dove i manifestanti si sono riuniti lo scorso fine settimana. La polizia ha rafforzato il pattugliamento delle strade dove si sono svolte le manifestazioni e controlla i telefoni cellulari dei passanti. Le guardie impediscono anche alle persone di scattare foto. Video online mostrano la polizia cittadina controllare i telefoni dei passanti per verificare se ci sia qualcosa di collegato alle proteste.

 

Anche in altre grandi città dove si sono verificati tumulti, come Pechino, Wuhan, Guangzhou e Chengdu, le Forze dell’ordine hanno intensificato i controlli nelle strade.

 

Nella capitale la polizia ha dispiegato un gran numero di agenti nei pressi delle università del distretto di Haidian. Post sui social network affermano che le autorità di sicurezza controllano i telefoni dei giovani, soprattutto degli studenti, per verificare se sugli smartphone siano installate le VPN, reti internet utilizzate per aggirare il firewall del governo, e applicazioni straniere come Twitter e Facebook.

 

Sebbene ci siano post su Twitter e Telegram che continuano a chiamare la gente a protestare, raduni di massa non si sono più verificati. Si ritiene che alcuni degli account siano in realtà controllati dalla polizia per «adescare» i manifestanti; alcuni utenti hanno dichiarato di essere stati avvertiti dalla polizia.

 

L’Università Tsinghua di Pechino, dove gli studenti hanno protestato nel campus il 27 novembre, ha annunciato di fornire autobus gratuiti per trasportare i propri universitari alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti, e consentire loro di tornare nelle città di origine.

 

Anche altri atenei di Pechino e del Guangdong hanno adottato le stesse misure: si ritiene possano impedire agli studenti di protestare. Alcuni studenti di Hong Kong hanno risposto alla “rivoluzione della carta bianca” con una manifestazione monitorata dalla polizia.

 

Le autorità cinesi e i media ufficiali non hanno ancora parlato delle proteste. Nel frattempo, sui social network cinesi, molti post hanno iniziato ad accusare le cosiddette «forze straniere» e a sostenere che i manifestanti «sono stati pagati».

 

Quando si cercano informazioni sulle città in cui si sono svolte le manifestazioni, i risultati sono inondati di pornografia. Ricerche hanno rilevato un numero elevato di spam e si ritiene che falsi account siano usati per disturbare le discussioni sulle proteste.

 

Secondo l’agenzia di stampa statale Xinhua, il 28 novembre Chen Wenqing, segretario del Comitato politico e legale centrale del Partito, ha detto che le autorità devono «mantenere la sicurezza dello Stato e quella sociale». Il discorso non faceva riferimento alla serie di proteste in corso.

 

L’ex presidente cinese Jiang Zemin è deceduto il 30 novembre. Egli era stato nominato successore di Deng Xiaoping dopo il massacro di Tiananmen del 1989. Sotto il suo governo, l’economia ha continuato a crescere per un decennio, con meno controlli sulla società.

 

Le autorità agli ordini di Xi stanno censurando internet e frenando possibili proteste nel nome di Jiang.

 

 

 

 

 

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