Cina

Anche la Germania indaga sulle stazioni di polizia illegali di Pechino

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La ONG Safeguard le ha individuate in 30 Paesi europei; quattro solo in Italia. Stabilite all’interno di ambasciate e consolati. Inchieste già avviate da Paesi Bassi, Spagna e Irlanda. I cinesi si difendono: servono a risolvere problemi burocratici. Gruppi umanitari: usate per monitorare e silenziare i dissidenti che vivono all’estero.

 

 

Si allarga l’indagine sull’esistenza in Europa di decine di stazioni di polizia «extraterritoriali» che la Cina gestirebbe nelle sue sedi diplomatiche. Ai Paesi Bassi, da dove è partita l’inchiesta in questi giorni, alla Spagna e all’Irlanda ora si è aggiunta anche la Germania.

 

I fari tedeschi sono puntati sulla possibile presenza senza le necessarie autorizzazioni di personale di polizia cinese a Francoforte. Il tutto nasce da una ricerca pubblicata lo scorso mese dalla ONG spagnola Safeguard, secondo cui Pechino ha creato postazioni di sicurezza illegali in 30 Paesi europei (quattro in Italia: Roma, Milano, Firenze e Prato).

 

In base alla Convenzione di Vienna, sottoscritta anche dalla Cina, i servizi diplomatici devono essere offerti da ambasciate e consolati riconosciuti dai governi ospitanti.

 

Il ministero cinese degli Esteri si è messo sulla difensiva. Ha affermato che le stazioni di polizia incriminate sono in linea con il diritto internazionale e servono ad accelerare le pratiche per il rinnovo delle patenti auto ai propri cittadini che risiedono all’estero, come a combattere il crimine transnazionale.

 

Secondo diversi gruppi umanitari, le strutture non registrate dalla Cina sono usate in realtà per monitorare e ridurre al silenzio oppositori e dissidenti politici cinesi.

 

Safeguard sostiene che agenti di Pechino coinvolti in queste operazioni abbiamo «incoraggiato» fino a 230mila connazionali a rimpatriare, spesso per affrontare dei processi.

 

 

 

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Immagine da AsiaNews.

 

 

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