Ambiente
Agenda climatica e culto delle pale eoliche
Renovatio 21 pubblica questo testo dell’ Osservatorio contro la Transizione Ecologica (OCTE).
Parere (n. 2) sull’agenda climatica e il culto delle pale eoliche
Nel momento in cui parte della comunità scientifica – diligentemente attesa la conclusione della tornata elettorale – consegna al Capo dello Stato un appello affinché i problemi legati al clima entrino nell’agenda politica del nuovo governo (1), l’OCTE ritiene più che mai necessario denunciare il rischio che l’allarmismo climatico, alimentato da narrazioni erronee o faziose o comunque fuorvianti, finisca non solo per favorire controverse strategie di natura tecnologica ed economico-finanziaria, ma anche per legittimare l’adozione di nuovi strumenti restrittivi di diritti e libertà fondamentali.
La strumentalizzazione a fini di politici di evidenze scientifiche incerte non costituisce una novità, come l’affaire COVID ha posto sotto gli occhi di tutti e come ora traspare dalle ulteriori emergenze pianificate e messe in atto da organizzazioni e governi liberisti, globalisti e transumanisti.
Un esempio in tal senso è offerto dalle ordinanze sindacali adottate in alcune città italiane e finalizzate alla riduzione del consumo di acqua potabile motivata da una emergenza idrica che, peraltro, è prontamente rientrata con le prime piogge autunnali; ordinanze che, in qualche caso, sono state apertamente sconfessate e delegittimate dalle dichiarazioni di organismi tecnico-gestionali secondo cui la disponibilità complessiva di acqua potabile, anziché essersi ridotta, è addirittura aumentata in quelle zone a causa dell’innalzamento delle falde acquifere verificatosi negli ultimi anni. (2)
Nella stessa prospettiva deve ricordarsi uno tra i feticci più rappresentativi, e dibattuti, della green economy, ossia le pale eoliche.
Cresciute come funghi sull’intero territorio nazionale, e salutate con entusiasmo dai fautori della sostenibilità e della cosiddetta transizione ecologica, le pale eoliche stuprano il paesaggio tutelato dalla Costituzione, alterano la morfologia del territorio, producono infrasuoni in grado di arrecare danni alla salute umana anche a distanze considerevoli (3), sottraggono risorse allo Stato e quindi ai cittadini e minacciano direttamente la sopravvivenza della fauna selvatica.
Più brutte di un ecomostro, le pale eoliche sono però intoccabili: perché se gli ecomostri di tanto in tanto vengono abbattuti, le pale eoliche sono circondate da un’aura di santità benedetta dalle varie Agende ONU e dall’Unione europea, oltreché dagli interessi della criminalità organizzata. (4)
Qualcuno potrebbe obiettare che i cosiddetti parchi eolici costituiscono il prezzo da pagare per sostenere uno stile di vita modellato dal progresso tecnologico, cui molti non sanno o non vogliono rinunciare; ma resta il fatto che quanti vivono felicemente senza l’auto elettrica, solo per fare un esempio, vedono in questa obiezione la foglia di fico dietro cui si nascondono strategie tecnologiche e finanziarie in rotta di collisione con la salvaguardia dell’ambiente e del territorio e la tutela della salute, dei diritti e delle libertà fondamentali.
Ed è difficile negare che queste strategie siano alimentate ad arte dagli stakeholder, che hanno buon gioco nel tirare le fila della politica normativa – delle organizzazioni internazionali, dell’Unione europea, dei governi globalisti – e nel manipolare l’informazione pubblica tramite i circuiti scientifico-accademici e mediatici da essi controllati, allo scopo di avallare «spinte gentili» e altri strumenti di governance ispirati ai principi dell’economia comportamentale.
L’OCTE è consapevole della difficoltà di promuovere una efficace riflessione critica sulle pale eoliche, in considerazione del movimento trasversale di opinione che da anni auspica la riduzione delle fonti energetiche d’origine fossile in favore dello sviluppo di fonti energetiche rinnovabili.
Ma non per questo l’OCTE intende rinunciare a evidenziare i rischi, i limiti e le contraddizioni di un approccio che, oltre a quanto evidenziato, esclude a priori l’esistenza di tecnologie in grado di produrre energia pulita con un impatto ambientale minore rispetto a quello prodotto dalle pale eoliche.
In questa prospettiva l’OCTE ritiene necessario stimolare la riflessione in merito ad alcuni aspetti di natura socio-politica e tecnica. Dal punto di vista socio-politico può essere utile chiedersi:
I) Se il vento, come l’acqua, è una risorsa naturale, e quindi un bene comune, il suo eventuale sfruttamento non dovrebbe essere condotto nell’interesse della collettività, invece che essere demandato alla gestione di poche società private che gestiscono giri di affari multimiliardari?
II) L’installazione di questi moderni mostri di 25, 70 e 100 metri di altezza non dovrebbe scontare un reale e trasparente confronto preliminare tra le amministrazioni locali, i gestori e – soprattutto – le comunità territoriali interessate?
III) perché, pur in assenza di qualsivoglia consultazione pubblica, e in presenza di ritorni economici a beneficio quasi esclusivo di soggetti privati, i cittadini italiani sono chiamati a contribuire economicamente – mediante «incentivi» di varia natura – allo sviluppo di questa fonte energetica?
IV) i terreni dove le pale eoliche sono installate manterranno eventuali vincoli rurali e paesaggistici o li perderanno definitivamente per diventare tout court edificabili?
Dal punto di vista tecnico, occorre ricordare che il ricorso all’energia eolica implica preliminarmente la soluzione di due problemi:
A) poiché l’energia eolica viene normalmente generata in luoghi lontani dai centri industriali e dai principali agglomerati urbani, si rende necessaria la costruzione non solo dei parchi eolici, ma anche di nuove reti infrastrutturali per il trasporto dell’energia così prodotta;
B) considerata la natura discontinua dei venti e la loro limitata efficienza energetica, si rende necessaria la disponibilità di sistemi di stoccaggio efficienti, costituiti essenzialmente da batterie di ultima generazione.
Per quanto riguarda il punto A), è utile ricordare che il Paese che ha puntato di più sull’energia eolica, ossia la Germania, nonostante investimenti massicci e ingenti sussidi statali, riesce a produrre, grazie a essa, non più del 5% del suo fabbisogno elettrico.
Proiezioni disponibili per l’Italia indicano che la sostituzione con l’eolico del 50% della produzione elettrica nazionale imporrebbe l’installazione di circa 80.000 turbine, con una media di 1 turbina ogni 4 kmq (2), Alpi comprese.
Va appena rilevato che, se tali impianti fossero realmente costruiti, le tariffe a carico del consumatore italiano schizzerebbero a circa 30 € per kW, come già accade in Germania (dati Eurostat 2015) (3). Ovviamente, costi molto maggiori sono da ipotizzarsi per le famiglie e le imprese nell’attuale situazione di crisi energetica, le cui prospettive, a breve e medio termine, sembrano destinate a peggiorare.
Per quanto riguarda il punto B), è utile ricordare che la difficoltà di stoccare in modo efficiente l’energia eolica (come accade anche per gli impianti solari fotovoltaici) costituisce il limite principale al suo utilizzo su vasta scala: d’altra parte, se tale problema non esistesse, la Cina, che è il maggiore fornitore mondiale di Terre Rare – ossia dei materiali necessari per la costruzione delle batterie elettriche di ultima generazione – probabilmente non costruirebbe centinaia di nuove centrali a carbone. (5)
In ogni caso, come già rilevato dall’OCTE nel suo Parere (n. 1) sul piano «Fit for 55» dell’Unione Europea, far dipendere le capacità nazionali di stoccaggio esclusivamente dalle forniture di materiali provenienti da un Paese straniero significa sottovalutare considerazioni di ordine politico e strategico e, di fatto, abdicare in prospettiva alla propria indipendenza e alla propria sovranità. (6)
Sulla base di queste considerazioni, l’OCTE:
- Chiede alla comunità scientifica e accademica italiana di recuperare il ruolo tradizionale della scienza, inteso come contributo al progresso delle conoscenze scientifiche scevro da sollecitazioni e da condizionamenti di natura finanziaria, mercantilistica e politica, oltreché funzionale al benessere di una società democratica;
- Sollecita i cittadini a riconsiderare i toni apocalittici della narrazione dominante in merito al presunto riscaldamento globale di origine antropica, esaminando criticamente i costi derivanti dai diktat imposti, sotto forma di pretesa transizione ecologica, dai soggetti che sono i veri responsabili dei disastri ambientali e climatici del passato e di contraddittorie politiche energetiche, ossia corporazioni finanziarie multinazionali, governi e organizzazioni internazionali liberisti e globalisti, quali l’Unione europea;
- Invita il Parlamento e il Governo a disciplinare questa materia sulla base di solide analisi scientifiche, assicurando in ogni caso il primato delle esigenze di interesse generale – quali la tutela del paesaggio, dell’ambiente, del territorio, della salute, dei diritti e della libertà fondamentali – sugli interessi privati e particolari.
OCTE
29 settembre 2022
NOTE
2) Cfr. sul punto il Parere congiunto CIEB-OCTE sulla pretesa emergenza idrica del 30 giugno 2022: https://www.ecsel.org/wp-content/uploads/2022/06/Parere-sulla-pretesa-emergenza-idrica.pdf.
4) Cfr. https://ilgiornaledellambiente.it/leolico-calabrese-affare-milionario/.
5) Ciò nonostante, la Cina ha singolarmente annunciato, al Climate Ambition Summit 2020, la riduzione del 65% delle proprie emissioni di CO2 entro il 2030.
5) Cfr. https://www.ecsel.org/wp-content/uploads/2022/06/Parere-OCTE-n%C2%B01.pdf.
Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/octe
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