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Abusi e violenze in Sri Lanka con la «disumana» legge antiterrorismo

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.

 

 

Attivisti e istituzioni internazionali chiedono la sospensione «immediata» del Prevention of Terrorism Act (PTA) voluto dalle autorità srilankesi. La denuncia in occasione della 51ma sessione del Consiglio Onu per i diritti umani. Religiosa dello Sri Lanka: una legge ispirata al «criterio di vendetta», niente è cambiato con l’amministrazione Wickremesinghe.

 

 

 

Attivisti cristiani in Sri Lanka e istituzioni internazionali, fra le quali l’Unione europea, hanno lanciato un appello al governo perché sospenda con effetto «immediato» una legge sfruttata in modo «disumano» per colpire i cittadini.

 

Al centro della controversia il Prevention of Terrorism Act (PTA), utilizzato nel recente passato per colpire manifestanti pacifici come denunciato da rappresentanti UE al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.

 

In occasione della 51ª sessione aperta in questi giorni, i delegati europei hanno riaffermato il loro impegno a favore dei diritti umani, della riconciliazione e dell’imputabilità dei responsabili delle violenze nel Paese asiatico.

 

Pur a fronte di enormi sfide rappresentante dalle proteste di piazza e dal cambio alla guida del governo, resta fondamentale garantire i diritti umani e le libertà di base «incluse le persone e i gruppi in condizioni di emarginazione e vulnerabilità».

 

In tema di diritti umani si registra anche l’intervento del Christian Solidarity Movement (CSM), che condanna con forza la legge antiterrorismo da ritirare «immediatamente» perché fonte di «repressione disumana».

 

Durante una conferenza stampa promossa dal Centre for Society and Religion di Maradana, padre Sarath Iddamalgoda ha riferito dell’arresto di «circa 3 mila attivisti e almeno di questi 1.200 sono finiti in prigione». Alcuni sono stati fermati proprio in base alla PTA e «circa una ventina di essi sono giovani Tamil».

 

«Lottare per bisogni di base come il cibo è forse sbagliato?» chiede il sacerdote, secondo cui non è possibile equiparare una protesta ad un «atto di terrorismo».

 

L’appello è rilanciato da suor Rasika Peiris, anch’essa parte del CSM, la quale solidarizza con i giovani scesi in piazza a lottare contro le ingiustizie sociali, le disparità economiche e la povertà diffusa. E, per questo, sono stati vittime di una brutale repressione per mano delle forze di polizia che hanno agito impunite grazie anche alla legge antiterrorismo.

 

«Qui si è operato secondo il criterio della vendetta personale – accusa la religiosa – e non applicando il diritto», per questo è ancora più urgente che «la norma venga cancellata immediatamente» dato che oggi consente nel sud gli stessi abusi che in passato avvenivano nel nord [ai tempi della guerra contro i Tamil].

 

L’avvocato e attivista pro diritti umani Nuwan Bopege è fra quanti sono intervenuti alla 51ª sessione Onu, denunciando abusi e storture legate alla norma.

 

«La violenta risposta del governo – sottolinea – di fronte alle proteste popolari non lascia spazio all’ottimismo» anche sotto l’amministrazione [Ranil] Wickremesinghe.

 

«Molti manifestanti pacifici – prosegue – compreso il sottoscritto, sono stati arrestati da quando il presidente ha assunto l’incarico».

 

In questo clima, conclude l’attivista, «è fondamentale che il Consiglio promuova la responsabilità per le violazioni dei diritti umani, le atrocità compiute in tempo di guerra e i crimini legati all’economia, oltre ad assicurare alla giustizia quanti si sono resi responsabili delle stragi di Pasqua».

 

 

 

 

 

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Immagine da AsiaNews

 

 

 

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