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Bioetica

Trapianti di uteri, trapianti di uteri di donne morte, uteri artificiali

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L’avanzamento della tecnica moderna non considera in alcun modo i limiti della natura umana. La biotecnologia ora consente ciò che non può essere ottenuto naturalmente. Ogni desiderio incolmabile, egoistico, può essere soddisfatto con i nuovi artifizi del progresso scientifico, che, come noto, non guarda in faccia nessuno e, soprattutto, non bada a spese.

 

Un recente ed allarmante caso, rimbalzato dalle cronache internazionali alle colonne di ogni quotidiano italiano, è quello di un trapianto di utero avvenuto in Brasile, attraverso il quale è stata portata avanti una gravidanza giunta poi a termine. La bambina è nata un anno fa, ma la notizia è stata diffusa solo in questi giorni dall’Università di San Paolo attraverso la pubblicazione del caso clinico su Lancet, una delle più importanti riviste scientifiche del mondo.

 

Tutto iniziò nel 2016, quando una donna di 32 anni affetta da sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser (una condizione patologica che provoca l’assenza dell’utero ma non delle ovaie) scelse di sottoporsi ad un trapianto sperimentale di utero: le venne trapiantato l’utero di una donatrice deceduta a 45 anni per un’emorragia cerebrale.

Questo è il disprezzo per la genitorialità, il disprezzo per la famiglia per come naturalmente è fondata; è la barbarie più tremenda – questa sì – che una società può intraprendere contro la Vita

 

A differenza delle descrizioni solite presenti nella letteratura medica, riferite a trapianti di utero di donne viventi, il caso brasiliano apre ad una possibilità di cui forse non si conosce ancora la portata, con tutte le annesse conseguenze in campo scientifico, antropologico, morale e, quindi, etico.

 

Il trapianto riuscì, e qualche mese dopo l’operazione l’embrione crioconservato e ottenuto precedentemente attraverso fecondazione in vitro dall’ovulo della donna (a cui trapiantarono l’utero della defunta) e lo spermatozoo del marito fu trasferito dai medici nell’utero della donna morta trapiantato. L’impianto funzionò procurando la gravidanza, con la nascita della bambina attraverso parto cesareo programmato a 36 settimane, il 15 dicembre dello scorso anno.

 

Non era mai successo, prima, di una gravidanza portata a termine con il trapianto di un utero di donna deceduta, visto che i pochi casi – se ne stimano circa tredici – di bambini nati dall’organo trapiantato fanno riferimento a donatrici di utero viventi. Quasi tutti i suddetti casi sono avvenuti in Svezia, a partire dal 2014. Solo uno, invece, più recente, negli USA.

Non era mai successo, prima, di una gravidanza portata a termine con il trapianto di un utero di donna deceduta, visto che i pochi casi – se ne stimano circa tredici – di bambini nati dall’organo trapiantato fanno riferimento a donatrici di utero viventi

 

In passato, già nel 2011, alcune cliniche turche e americane provarono a portare avanti gravidanze con uteri donati da donne defunte, ma tutte le gravidanze si risolsero con aborti spontanei quasi immediati. I ricercatori decretarono quindi che l’utero potesse essere un organo strettamente legato all’apporto di sangue, non più presente dopo la morte e quindi capace di danneggiare in modo irreparabile l’utero da trapiantare. Il «successo» brasiliano però, cambia le prospettive dei ricercatori, visto che in questo caso l’utero trapiantato, secondo quanto riportato dall’equipe medica, ha resistito otto ore senza flusso sanguigno: quasi il doppio rispetto a quanto avviene nelle operazioni alle donatrici viventi.

 

Questa pratica apre ora gli orizzonti ad un bacino di donatrici più ampio, visto che sono poche le donne viventi disposte a sottoporsi ad un intervento così delicato e invasivo come il trapianto di utero. Il problema verrà risolto dai defunti, o meglio dai loro organi.

 

Attraverso donne decedute i cui organi sono disposti per le donazioni, si potrà appagare il desiderio egoistico ed edonistico di tante altre donne: ciò che la natura, per svariati motivi non dispone, lo dispone la tecnica correlata alla Necrocultura che avanza

Attraverso donne decedute i cui organi sono disposti per le donazioni, si potrà appagare il desiderio egoistico ed edonistico di tante altre donne: ciò che la natura, per svariati motivi non dispone, lo dispone la tecnica correlata alla Necrocultura che avanza. Nessuno può infatti negare che la biotecnica collabori, particolarmente in questo caso, proprio con la cultura della morte.

 

Ma c’è di più.

La donazione di utero da donne decedute non è nient’altro che un’apripista per permettere ai cosiddetti transgender di «avere» figli attraverso questa pratica artificiale e disumana. Un ulteriore passo verso un transumanesimo di carattere sessuale e procreatico: l’immissione di un organo di una donna morta, in un corpo maschile, allo scopo di avviarvi una «gravidanza» impossibile in natura.

 

Il passo  successivo porta direttamente all’utero artificiale

Il passo  successivo porta direttamente all’utero artificiale. A parlarne in questi giorni è stato il sito di Wired, che ha ipotizzato la possibilità di ricorrere ad esso per mettere la parola fine alla «differenza di genere», dove la donna deve essere l’unica ad avere gravidanze e a soffrire i dolori del parto.

 

Il primo centro di ricerca a condurre gli esperimenti con utero artificiale si trovava in Emilia-Romagna, a pochi chilometri da chi scrive: Bologna. Era il 1987 quando il Dott. Carlo Flamigni, insieme al suo collaboratore romagnolo Carlo Bulletti – ancora oggi particolarmente attivo nel campo della promozione della ricerca in materia – impiantò un embrione umano in un utero asportato e tenuto vivo artificialmente.

 

Libro di Flamigni e Bulletti sull’utero artificiale

Erano gli albori della cosiddetta riproduzione ectogenetica, cioè la «produzione» di bambini al di fuori del corpo umano. In quel caso pare che l’embrione si impiantò, ma Flamigni, preoccupato dei contraccolpi politici, interruppe l’esperimento, esternando poi i propri pentimenti al Corriere della Sera: «Mi è mancato il coraggio e oggi me ne pento (…) Anche perché avevamo ottenuto qualcosa di straordinario. (…) A Bologna, a quell’epoca stavamo facendo davvero ricerca d’avanguardia; quando si mette le mani sopra questa merce rara, non si deve abbandonare» (Corriere della Sera, 20 settembre 2010).

 

Dal trapianto di uteri di donne viventi, al trapianto di uteri di corpi non più viventi; da questo si passa al trapianto di uteri in corpi maschili e, per finire, si passa alla costruzione di uteri artificiali per rendere la gravidanza «gender neutral».

Dal trapianto di uteri di donne viventi, al trapianto di uteri di corpi non più viventi; da questo si passa al trapianto di uteri in corpi maschili e, per finire, si passa alla costruzione di uteri artificiali per rendere la gravidanza «gender neutral»

 

Non a caso il sito di Wired cita nel medesimo articolo di lode alla donazione di uteri di donne morte Shulamite Firestone, pioniera della teoria del gender, riportando ciò che lei stessa scrisse nel suo libro-manifesto La dialettica dei sessi:

 

«La gravidanza è barbarica e il parto è tutt’al più necessario e tollerabile. Ma per niente divertente. (Come cagare una zucca, mi disse un’amica quando chiesi informazioni sulla Grande-Esperienza-che-ti-manca)».

 

Questo è il disprezzo per la genitorialità, il disprezzo per la famiglia per come naturalmente è fondata; è la barbarie più tremenda – questa sì – che una società può intraprendere contro la Vita.

 

A noi il compito di contrastarla. Con tutte le nostre forze, rialzando il muro della bioetica ormai crollato.

 

 

Cristiano Lugli

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Bioetica

Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni. 

 

Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.

 

Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?

 

Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza. 

 

«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»

 

Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:

 

«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».

 

Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:

 

«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Bioetica

Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea

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Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.

 

La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».

 

I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».

 

La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».

 

Minaccia ai gruppi pro-vita

I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.

 

Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.

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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»

La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».

 

Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».

 

Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.

 

Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata

Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:

 

«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».

 

Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Il Gambia potrebbe revocare il divieto di mutilazione genitale femminile

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Negli Stati Uniti, in Australia e in Europa non può esserci causa più popolare, più umana e più progressista dell’abolizione della mutilazione genitale femminile (MGF). Molti paesi lo hanno vietato; le ONG educano le persone al riguardo. Le Nazioni Unite hanno proclamato la Giornata internazionale della tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni genitali femminili.   Tuttavia tale consenso è crollato in Gambia. Il parlamento di questo paese dell’Africa occidentale a maggioranza musulmana ha appena votato a stragrande maggioranza per revocare il divieto delle MGF del 2015.   Molti parlamentari affermano che le MGF sono necessarie per «sostenere la lealtà religiosa e salvaguardare norme e valori culturali». Il disegno di legge sarà esaminato da una commissione parlamentare prima del voto finale.   In breve, il Gambia potrebbe diventare il primo paese a sfidare il consenso internazionale sulle MGF.

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Da un punto di vista politico, il dibattito sul divieto delle MGF rappresenta un enigma per i valori democratici. Il divieto è stato imposto da un autocrate che ha governato dal 1996 al 2017, Yahya Jammeh. Pertanto i cittadini del Gambia si trovano di fronte alla scelta tra una politica impopolare imposta loro da un dittatore o una politica popolare adottata democraticamente.   Come riportato dal quotidiano locale The Point, un deputato ha dichiarato nel corso del dibattito:   «Il 99,9% non è d’accordo con il divieto della circoncisione femminile. Ciò è presente nel Women Act dal 2015 ma non nella Costituzione. La Costituzione è la legge suprema del popolo; la libertà dei diritti e la legge religiosa, l’Assemblea nazionale non dovrebbe emanare alcuna legge che sia contro la volontà dei cittadini. Lo scopo di ciò non è basato sulla salute ma piuttosto contro la nostra religione».   Un altro ha detto: «non possiamo condannare la nostra tradizione. Anche i bianchi hanno la loro tradizione. Non possiamo imporre ciò che la gente non vuole».   Tuttavia, Jaha Durekeh, la fondatrice della ONG Safe Hands for Girls, una giovane donna diventata famosa in tutto il mondo per la lotta alle MGF, protesta dicendo che le MGF non sono autenticamente islamiche.   «Amo l’Africa e amo il mio Paese, e non lo faccio per promuovere alcuna agenda occidentale. È piuttosto triste che la nostra gente pensi che non abbiamo la mente per pensare con la nostra testa e difendere la nostra gente».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni. SOSTIENI RENOVATIO 21
 
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