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Epidemie

Le RSA «riaprono». Sì, ma come?

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Dopo circa tre mesi di totale blocco alle visite dei familiari, molte RSA potranno «riaprire» ai visitatori, limitandosi ovviamente ai soli parenti o agli affetti più stretti.

 

Come ormai noto, ma forse nemmeno abbastanza, all’interno delle residenze per anziani molti ospiti sono spirati a causa del COVID-19 nella solitudine più assoluta, privati della vicinanza dei propri cari nel momento più estremo dell’esistenza terrena. 

 

Una tragedia, di quelle impossibili da raccontare a parole ma capace di lacerare il cuore di chi ha dovuto assistere inerme, percependo l’immane dolore dei familiari che hanno subito il lutto senza nemmeno avere la possibilità di elaborarlo in modo naturale.

 

Nella speranza che giustizia possa esser fatta per i morti, semmai qualcuno fra le autorità ne dovrà rispondere, non si può fare a meno di pensare a chi è rimasto per salvare, per così dire, il salvabile. In tutta Italia ci sono migliaia e migliaia di anziani residenti nelle RSA che aspettano di poter rivedere i propri figli, i propri fratelli, i propri nipoti, dei quali per troppo tempo sono stati privati.

In tutta Italia ci sono migliaia e migliaia di anziani residenti nelle RSA che aspettano di poter rivedere i propri figli, i propri fratelli, i propri nipoti, dei quali per troppo tempo sono stati privati

 

L’ultimo DPCM datato 11 giugno 2020 ed entrato in vigore un paio di giorni fa, dedica giusto un paio di righe alla questione:

 

«L’accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo  degenza, residenze  sanitarie   assistite (RSA), hospice, strutture  riabilitative  e  strutture  residenziali   per   anziani, autosufficienti e non, è limitata  ai  soli  casi  indicati  dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta  ad  adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione»

 

Come sempre, le linee guida ministeriali rispetto alla gestione delle RSA dicono tutto e non dicono niente, lasciando la questione in sospeso e non giungendo ad una conclusione, facendo così forza sulla discrezionalità di ciascuna struttura a mo’ di scarica barile. Tre righe, nulla di più.

 

Come sempre, le linee guida ministeriali rispetto alla gestione delle RSA dicono tutto e non dicono niente, lasciando la questione in sospeso e non giungendo ad una conclusione, facendo così forza sulla discrezionalità di ciascuna struttura a mo’ di scarica barile

Le Regioni, dal canto loro, cercano di interpretare le direttive personalizzandole.

 

Come nel caso della Regione Emilia-Romagna, che in data 15 giugno ha emesso un comunicato dove viene presa in considerazione anche la riapertura delle CRA (Case Residenza Anziani). 

 

Ma se è vero ed è un bene che riaprano, finalmente, le visite ai familiari, cosa dobbiamo dire delle modalità rigorose che si dovranno adottare per permettere gli incontri?

 

«Per quanto riguarda le strutture sociosanitarie per anziani non autosufficienti e i centri socioriabilitativi residenziali per persone con disabilità — dice il documento — le linee guida regionali prevedono ingressi limitati e scaglionati, visite su appuntamento e con una durata indicativa di trenta minuti. Se possibile, le visite dovranno essere limitate a un solo familiare, che all’ingresso sarà sottoposto alla misurazione della temperatura».

 

Un appuntamento per ogni cosa, quindi, persino per vedere la propria madre o il proprio padre anziano che non si vede da tre mesi almeno.

Un appuntamento per ogni cosa, quindi, persino per vedere la propria madre o il proprio padre anziano che non si vede da tre mesi almeno.

 

Ma purtroppo non è tutto qui: al momento della prenotazione, infatti, ai parenti visitatori verrà fatto una sorta di colloquio telefonico sul rischio COVID-19, domandando se negli ultimi giorni si sono manifestati sintomi riconducibili ad influenza, e ogni visita dovrà comunque passare al vaglio dei responsabili delle strutture, i quali dovranno inoltre individuare aree dedicate agli incontri, preferibilmente all’aperto se il tempo e gli spazi lo permettono.

 

Seppur non sia esplicitamente specificato, la parola d’ordine per gli incontri sarà «distanziamento sociale», il nuovo mantra del culto igienista: i parenti dovranno tenersi ad almeno un metro di distanza dai propri congiunti, senza aver alcun tipo di contatto fisico, in forza di quel «adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione» presente nel testo dell’ultimo DPCM.

 

Ai responsabili e al personale delle strutture toccherà pure l’orrendo compito di vigilare sugli incontri, pur mantenendosi a debita distanza. Una cosa che, ci si perdoni il paragone, ricorda molto la modalità di visite in carcere.

Al momento della prenotazione, infatti, ai parenti visitatori verrà fatto una sorta di colloquio telefonico sul rischio COVID-19

 

Ci chiediamo seriamente come possano essere ammissibili simili direttive, da parte degli organi teoricamente competenti, che non tengono alcun conto della componente umana ed emotiva che alimenterà questi incontri. Affetti preziosi che non si incontrano da mesi, per i quali in molti casi si sono versate lacrime e si è patito interiormente il distacco altresì dettato dalla paura di perdere un proprio familiare stretto.

 

La parola d’ordine per gli incontri sarà «distanziamento sociale», il nuovo mantra del culto igienista

Ci chiediamo come si possa pretendere che, dopo così tanto sacrificio, un figlio non possa riabbracciare la propria madre, un nonno non possa fare una carezza in viso al proprio nipote, un padre con le mani ruvide e peste per le fatiche di una vita non possa stringere quelle della propria figlia. 

 

Pensiamo anche a tutte quelle strutture che ospitano disabili giovani e adulti: nemmeno in tal caso i genitori di questi ragazzi potranno nuovamente stringerli. Cosa c’è di umano in tutto questo?

 

Una cosa che, ci si perdoni il paragone, ricorda molto la modalità di visite in carcere

Queste persone non hanno già patito a sufficienza, ritrovandosi non solo lontane da case ma anche, ad un certo punto, senza la possibilità di vivere i propri affetti più intimi che davano vigore e speranza ad un’esistenza già difficile?

 

Mentre il mondo avanza con Fasi 2, Fasi 3 e Fasi 4 — pensateci — una fetta di popolazione è stata assolutamente compromessa, sacrificata sul patibolo della «sicurezza sociale e sanitaria».

Mentre il mondo avanza con Fasi 2, Fasi 3 e Fasi 4 — pensateci — una fetta di popolazione è stata assolutamente compromessa, sacrificata sul patibolo della «sicurezza sociale e sanitaria»

 

I bambini totalmente dimenticati e trascurati, privati della possibilità di andare a scuola, al parco, a giocare con gli amici.

 

I disabili e gli anziani, trascurati sin da inizio emergenza — e nei numeri si vede il risultato di tali omissioni — e ora accontentati di quel minimo indispensabile che forse, a questo punto, fa più male che bene: sfidiamo chiunque a non vedere un proprio caro per tre o quattro mesi senza poterlo nemmeno sfiorare una volta ottenuto il «via libera». 

 

Uno Stato che non protegge più i deboli e gli indifesi non può che seminare Cultura della Morte, in ogni campo possibile

Uno Stato che non protegge più i deboli e gli indifesi non può che seminare Cultura della Morte, in ogni campo possibile. 

 

Questo pare davvero essere il triste destino che ci attende, dove l’etica e la Bioetica, in epoca COVID, sono state le uniche ad aver avuto diritto ad un solenne funerale.

 

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

 

 

 

 

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Epidemie

Uomo muore di peste bubbonica: piaghe antiche stanno tornando?

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Funzionari dello Stato americano del Nuovo Messico hanno confermato che un cittadino è morto di peste. Si tratterebbe del primo caso di decesso da peste da diversi anni. Lo riporta la testata americano Epoch Times.

 

Il Dipartimento della Salute del Nuovo Messico, in una dichiarazione, ha affermato che un uomo nella contea di Lincoln «ha ceduto alla peste» L’uomo, che non è stato identificato, era stato ricoverato in ospedale prima della sua morte, hanno detto i funzionari.

 

Hanno inoltre notato che si tratta del primo caso umano di peste nel Nuovo Messico dal 2021 e anche della prima morte dal 2020, secondo la dichiarazione. Non sono stati forniti altri dettagli, compreso il modo in cui la malattia si è diffusa all’uomo.

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L’agenzia sta ora svolgendo attività di sensibilizzazione nella contea di Lincoln, mentre «nella comunità verrà condotta anche una valutazione ambientale per individuare i rischi in corso», continua la dichiarazione. «Questo tragico incidente serve a ricordare chiaramente la minaccia rappresentata da questa antica malattia e sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza della comunità e di misure proattive per prevenirne la diffusione», ha affermato l’agenzia.

 

La peste, conosciuta come morte nera o peste bubbonica, è una malattia batterica che può diffondersi attraverso il contatto con animali infetti come roditori, animali domestici o animali selvatici.

 

La dichiarazione del Dipartimento della Salute del Nuovo Mexico afferma che gli animali domestici come cani e gatti che vagano e cacciano possono riportare pulci infette nelle case e mettere a rischio i residenti.

 

I funzionari hanno avvertito le persone della zona di «evitare roditori e conigli malati o morti, i loro nidi e tane» e di «impedire agli animali domestici di vagare e cacciare».

 

«Parlate con il vostro veterinario dell’utilizzo di un prodotto appropriato per il controllo delle pulci sui vostri animali domestici poiché non tutti i prodotti sono sicuri per gatti, cani o bambini» e «fate esaminare prontamente gli animali malati da un veterinario», ha aggiunto.

 

«Consulta il tuo medico per qualsiasi malattia inspiegabile che comporti una febbre improvvisa e grave, continua la dichiarazione, aggiungendo che la gente del posto dovrebbe pulire le aree intorno alla loro casa che potrebbero ospitare roditori come cataste di legna, mucchi di spazzatura, vecchi veicoli e mucchi di cespugli.

 

La peste, diffusa dal batterio Yersinia pestis, ha causato la morte di circa centinaia di milioni di europei nei secoli XIV e XV in seguito alle invasioni mongole. In quella pandemia, i batteri si diffusero tramite le pulci sui ratti neri, che secondo gli storici non erano conosciuti dalla gente dell’epoca.

 

Si ritiene che anche altre epidemie di peste, come la peste di Giustiniano nel VI secolo, abbiano ucciso circa un quinto della popolazione dell’Impero bizantino, secondo documenti e resoconti storici. Nel 2013, i ricercatori hanno affermato che anche la peste di Giustiniano era stata causata dal batterio Yersinia pestis.

 

Casi recenti si sono verificati principalmente in Africa, Asia e America Latina. I paesi con frequenti casi di peste includono il Madagascar, la Repubblica Democratica del Congo e il Perù, afferma la clinica. Negli ultimi anni sono stati segnalati numerosi casi di peste anche nella Mongolia interna, in Cina.

 

I sintomi di un’infezione da peste bubbonica comprendono mal di testa, brividi, febbre e debolezza. I funzionari sanitari affermano che di solito può causare un doloroso gonfiore dei linfonodi nella zona dell’inguine, dell’ascella o del collo. Il gonfiore di solito si verifica entro circa due-otto giorni.

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La malattia può generalmente essere trattata con antibiotici, ma di solito è mortale se non trattata, dice il sito web della Mayo Clinic. «La peste è considerata una potenziale arma biologica. Il governo degli Stati Uniti ha piani e trattamenti in atto nel caso in cui la malattia venga utilizzata come arma», afferma anche il sito web.

 

Secondo i dati dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, l’ultima volta che sono stati segnalati decessi per peste negli Stati Uniti è stato nel 2020, quando sono morte due persone.

 

Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di peste bubbonica si era avuto pochi giorni fa in Oregon.

 

Come riportato da Renovatio 21, altre malattie antiche si sono riaffacciate sulla scena mondiale. La lebbra, ad esempio, è riapparsa in USA, India, Gran Bretagna, con esperti che ipotizzano una possibile correlazione con la vaccinazione mRNA.

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Immagine: Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro (c. 1609-1610–c. 1675), Largo Mercatello durante la peste a Napoli (1656), Museo nazionale di San Martino, Napoli.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 

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Epidemie

Cambiamento del comportamento sessuale post-pandemia: le malattia veneree aumentano nella UE

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L’Europa ha assistito a un aumento «preoccupante» del numero di casi di infezioni a trasmissione sessuale, ha avvertito Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l’agenzia epidemiologica dell’UE.   Il rapporto epidemiologico annuale pubblicato giovedì dal l’ECDC ha rivelato i risultati per il 2022 per gli Stati membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia).   Secondo il documento, in tutta l’UE/SEE, i casi di infezioni batteriche come sifilide, gonorrea e clamidia hanno registrato un aumento «preoccupante» e «significativo» rispetto al 2021. I casi di gonorrea sono aumentati del 48%, i casi di sifilide del 34%, e casi di clamidia del 16%, afferma il documento. Il rapporto non ha fornito dati sulle malattie sessualmente trasmissibili virali come l’HIV e l’epatite.

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L’educazione alla salute sessuale, l’accesso ampliato ai servizi di test e trattamento, nonché la lotta allo stigma associato alle malattie sessualmente trasmissibili sono stati indicati come modi per affrontare la questione dal direttore dell’ECDC Andrea Ammon.   «Sfortunatamente, i numeri dipingono un quadro drammatico, che richiede la nostra attenzione e azione immediate», ha detto giovedì in una conferenza stampa.   «Questi numeri – per quanto grandi – molto probabilmente rappresentano solo la punta dell’iceberg, perché i dati di sorveglianza potrebbero sottostimare il vero peso della sifilide, della gonorrea e della clamidia a causa delle differenze nelle pratiche di test, nell’accesso ai servizi di salute sessuale e nelle pratiche di segnalazione nei vari paesi», ha aggiunto, riporta Euractiv.   Sebbene le infezioni trasmesse sessualmente come la clamidia, la gonorrea e la sifilide siano curabili, se non trattate possono comunque portare a gravi complicazioni tra cui dolore cronico e infertilità, osserva il rapporto.   Le malattie sessualmente trasmissibili sono in aumento da anni nell’UE/SEE, anche se questo fenomeno ha subito una battuta d’arresto durante la pandemia di COVID-19 del 2020-2021, quando i governi hanno imposto misure di isolamento sociale costringendo le persone a rimanere a casa ed evitare il contatto sociale.   Un aumento dei comportamenti sessuali più rischiosi, insieme a una migliore sorveglianza e all’aumento dei test domiciliari, sono stati indicati dall’ECDC come ragioni alla base di questo aumento sostenuto.

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Secondo gli ultimi dati, un aumento dei contagi tra i giovani eterosessuali, e in particolare tra le giovani donne, potrebbe essere attribuito a un cambiamento nel comportamento sessuale post-pandemia, ha affermato l’agenzia UE.   Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), prima della pandemia, nel 2019, il numero di casi di infezioni sessualmente trasmissibili batteriche ha raggiunto il massimo storico in Europa.   Come noto, a fine pandemia apparve sulla scena – annunciato da una bizzarra esercitazione simulativa organizzata dai soliti Gates più enti annessi – un’epidemia internazionale di vaiolo delle scimmie, che sembrava colpire per lo più gli uomini omosessuali, con picchi attorno ai gay pride di tutto il mondo.   In Italia il vaccino – approvato senza studi clinici – fu quindi offerto in precedenza a «persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) che rientrano nei seguenti criteri di rischio: storia recente (ultimi 3 mesi) con più partner sessuali; partecipazione a eventi di sesso di gruppo; partecipazione a incontri sessuali in locali/club/cruising/saune; recente infezione sessualmente trasmessa (almeno un episodio nell’ultimo anno); abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex)» scriveva testualmente la circolare diramata dal ministero della Salute della Repubblica Italiana.   L’OMS – che aveva comunque raccomandato ai maschi gay di «limitare i partner sessuali» – dieci mesi fa aveva dichiarato finita l’emergenza, tuttavia l’ente epidemiologico americano CDC l’anno scorso aveva avvertito che il vaiolo delle scimmie sarebbe potuto tornare con i festival LGBT estivi.

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Epidemie

«Alaskapox»: una nuova epidemia colpisce il Nord America

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Funzionari sanitari dell’Alaska hanno documentato il primo caso mortale di virus Alaskapox (noto anche come «AKPV») in un signore anziano della penisola di Kenai, situata appena a sud della capitale dello Stato, Anchorage.

 

L’uomo è morto alla fine di gennaio, suscitando la preoccupazione tra i funzionari che la trasmissione del virus potesse essere più estesa di quanto si pensasse in precedenza.

 

Secondo il bollettino della Sezione di Epidemiologia dell’Alaska pubblicato la scorsa settimana, l’uomo immunocompromesso ha notato per la prima volta una tenera protuberanza rossa sotto l’ascella destra a metà settembre. Nelle settimane successive, si è consultato con i professionisti medici poiché la lesione è peggiorata, portando al ricovero in ospedale a novembre a causa di un’estesa infezione che ha inibito la mobilità del braccio.

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Il bollettino spiegava che la salute dell’uomo era migliorata alla fine dell’anno dopo il trattamento con farmaci per via endovenosa, ma che era morto improvvisamente alla fine di gennaio a causa di un’insufficienza renale.

 

«Finora sono state segnalate sette infezioni da AKPV alla Sezione di Epidemiologia dell’Alaska (SOE). Fino a dicembre 2023, tutte le infezioni segnalate si sono verificate in residenti dell’area di Fairbanks e riguardavano malattie autolimitanti costituite da eruzione cutanea localizzata e linfoadenopatia», si legge nel bollettino. notato.

 

«Le persone non dovrebbero essere necessariamente preoccupate ma più consapevoli», ha affermato Julia Rogers, epidemiologa statale e coautrice del bollettino. «Quindi speriamo di rendere i medici più consapevoli di cosa sia il virus dell’Alaskapox, in modo che possano identificare segni e sintomi».

 

Il bollettino include raccomandazioni: «i medici dovrebbero acquisire familiarità con le caratteristiche cliniche dell’Alaskapox e prendere in considerazione l’esecuzione di test per l’infezione da orthopoxvirus in pazienti con una malattia clinicamente compatibile».

 

Come riportato da Renovatio 21, funzionari sanitari dell’Oregon hanno confermato un caso di peste bubbonica, con un cittadino probabilmente infettato dal suo gatto domestico.

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