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Economia

L’Arabia Saudita ha commesso un altro catastrofico errore sul petrolio? 

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Renovatio 21 traduce questo articolo di William F. Engdahl con il consenso dell’autore.

 

 

Nel marzo di quest’anno l’Arabia Saudita ha lanciato quella che era chiaramente una mossa catastrofica per riguadagnare il suo ruolo di superpotenza petrolifera mondiale. Quella che inizialmente era una mossa volta a sottrarre quote di mercato alla Russia, dopo il rifiuto di quest’ultima di praticare ulteriori tagli alla produzione, si è rapidamente trasformata in una goffa e catastrofica ripetizione dell’errore di calcolo sul petrolio saudita del 2014. A questo punto l’industria petrolifera americana sta causando un grande danno. Tuttavia, l’OPEC e l’Arabia Saudita si trovano in una profonda crisi il cui esito potrebbe trasformare radicalmente la mappa geopolitica del potere del petrolio.

L’OPEC e l’Arabia Saudita si trovano in una profonda crisi il cui esito potrebbe trasformare radicalmente la mappa geopolitica del potere del petrolio

 

Nei primi giorni di marzo, proprio mentre la crisi causata dalla pandemia di Coronavirus si stava diffondendo in Europa, Medio Oriente e Nord America, alla riunione dei ministri dell’OPEC a Vienna si è discusso di come stabilizzare i prezzi mondiali del petrolio durante il calo della domanda.

 

L’Arabia Saudita, come voce più forte dell’OPEC, ha essenzialmente chiesto alla Russia di effettuare la maggior parte dei tagli di produzione nella misura di circa 300.000 barili al giorno, cosa che la Russia ha educatamente ma fermamente rifiutato. A quel punto, per ordine del monarca saudita de facto, il Principe Muhammad bin Salman, il paese ha intrapreso una strategia aggressiva di dumping sul prezzo del suo petrolio, in particolare per i mercati europei, per ridurre le vendite russe. Il risultato, mentre la guerra dei prezzi continuava, è stato il peggior crollo dei prezzi del greggio da quando la strategia saudita del 2014 non è riuscita a far fallire l’industria petrolifera statunitense.

L’Arabia Saudita ha lanciato quella che era chiaramente una mossa catastrofica per riguadagnare il suo ruolo di superpotenza petrolifera mondiale

 

Ciò che gli strateghi sauditi non hanno calcolato è stata la risposta alla pandemia a partire da metà marzo che ha portato la domanda di petrolio a nuovi minimi mentre i viaggi aerei si sono praticamente bloccati, insieme agli spostamenti in auto e camion.

 

Nel 2016, quando la guerra al ribasso contro lo shale oil statunitense si rivelò disastrosa portando il petrolio da $ 100 al barile a meno di $ 30, la Russia concordò per la prima volta, in qualità di maggior produttore di petrolio del mondo, di unirsi all’OPEC a guida saudita per ridurre la produzione di petrolio di circa 2 milioni di barili al giorno. I prezzi hanno quindi iniziato a risalire lentamente.

 

Il problema è che anche il settore petrolifero americano si è ripreso, con un successo sorprendente dato che gli Stati Uniti negli ultimi due anni sono diventati il più grande produttore mondiale di petrolio.

 

Gli Stati Uniti negli ultimi due anni sono diventati il più grande produttore mondiale di petrolio

Questa volta con un indebolimento della crescita economica mondiale già evidente alla fine del 2019, prima della «depressione da Coronavirus», i sauditi hanno nuovamente sbagliato i calcoli, visti i prezzi del petrolio in caduta libera.

 

Entro due giorni dall’annuncio da parte saudita di una modesta riduzione dei prezzi del 10%, i commercianti di petrolio li hanno abbassati dal 20% al 30%. Invece di correggere una strategia disastrosa, i sauditi hanno replicato una mossa che può essere definita storica, annunciando un aumento della produzione del 25%, arrivando a 12,3 milioni di barili al giorno, inondando un mercato petrolifero già saturo e facendo collassare la domanda globale con un surplus di petrolio. La Russia ha annunciato che avrebbe risposto aumentando anche la sua produzione.

 

I sauditi hanno nuovamente sbagliato i calcoli, visti i prezzi del petrolio in caduta libera

Ciò che i sauditi hanno non hanno considerato nel loro calcolo è stato un evento senza precedenti.

 

Mentre il mondo, dalla Cina all’Iran, all’Italia, agli Stati Uniti, andava simultaneamente incontro al blocco causato dal Coronavirus, la domanda mondiale di petrolio è scomparsa dall’oggi al domani. Nessun aereo volava, il che significa che non c’era richiesta di carburante per i jet. Nessuna macchina nelle strade, perché la gente non poteva uscire di casa. L’economia mondiale ha subito una brusca frenata.

 

Un giorno di inizio maggio, con la scadenza delle opzioni, i prezzi del petrolio sono scesi per un breve periodo, poiché i trader sono stati costretti a pagare per sbarazzarsi del ridotto spazio di stoccaggio, in particolare nel centro chiave di Cushing, in Oklahoma.

 

 

Mentre il mondo, dalla Cina all’Iran, all’Italia, agli Stati Uniti, andava simultaneamente incontro al blocco causato dal Coronavirus, la domanda mondiale di petrolio è scomparsa dall’oggi al domani

Ritirata ignominiosa

Finalmente ai primi di maggio, nel tentativo disperato di contenere i danni, l’Arabia Saudita e i produttori dell’OPEC hanno concordato con la Russia di tagliare congiuntamente la cifra senza precedenti di 9,7 milioni di barili al giorno dalla produzione per favorire il rilancio dei prezzi.

 

Il risultato è stato una debole ripresa del prezzo del greggio del West Texas Intermediate, il punto di riferimento per il petrolio americano, a circa $ 40 al barile, un prezzo vicino o inferiore al pareggio per molti produttori di petrolio americano. Per il mese di giugno, la produzione totale di petrolio dell’OPEC è scesa al minimo da tre decenni, meno di 23 milioni di barili al giorno.

 

La Russia e l’OPEC hanno concordato di estendere il taglio alla produzione fino alla fine di luglio, quando sperano di vedere la ripresa economica e l’aumento della domanda. Sarà sicuramente una fantasia ambiziosa. 

 

La Cina, il più grande importatore di petrolio al mondo, ha appena annunciato di essere vicino al limite dello spazio di stoccaggio per il petrolio, nonostante i prezzi bassi. Ciò suggerisce che, se l’OPEC e i sauditi credono di poter tornare rapidamente ai livelli di produzione precedenti a marzo, potrebbero avere uno shock.

 

Perché il bilancio saudita sia in pareggio, il Regno ha bisogno di un prezzo del petrolio compreso tra i $ 70 e i $ 90 al barile. Invece sembrano più realistici i prezzi sotto i $ 30

Inoltre, l’economia mondiale sta scivolando in una depressione da COVID-19 che a questo punto, nonostante lo stimolo statale, è pre-programmata per peggiorare, il che significa che il calo della domanda globale di petrolio è destinato a continuare. Perché il bilancio saudita sia in pareggio, il Regno ha bisogno di un prezzo del petrolio compreso tra i $ 70 e i $ 90 al barile. Invece sembrano più realistici i prezzi sotto i $ 30. La prolungata depressione mondiale del petrolio avrà gravi conseguenze sulla capacità saudita di finanziare la pace in patria, e tanto meno all’estero nel conflitto in corso con l’Iran o il Qatar.

 

Negli Stati Uniti l’industria petrolifera si sta adeguando mentre continuano i blocchi da Coronavirus.

 

La prolungata depressione mondiale del petrolio avrà gravi conseguenze sulla capacità saudita di finanziare la pace in patria, e tanto meno all’estero nel conflitto in corso con l’Iran o il Qatar

Nelle ultime settimane, un’improvvisa impennata di casi di COVID-19, secondo alcuni motivati politicamente, ha portato alcuni stati come il Texas e la California a ripristinare il blocco. Ciò sta provocando un ulteriore calo della domanda di petrolio. La trivellazione petrolifera attiva degli Stati Uniti, il conteggio delle piattaforme, alla fine di giugno era scesa a un nuovo minimo di 278 piattaforme, in calo del 72% rispetto a un anno fa e del 65% da quando è iniziata la guerra petrolifera saudita. Fonti del settore prevedono che queste cifre rimarranno basse almeno fino al 2021.

 

Tuttavia, anche se la produzione petrolifera statunitense rallenta, ciò porterà alcune buone notizie all’OPEC e all’Arabia Saudita.

 

Il mercato mondiale del petrolio sta crollando e immaginare un ritorno alla normalità nel mezzo di nuovi allarmi negli Stati Uniti e in Cina per l’aumento dei casi COVID-19 è una pia illusione.

Il mercato mondiale del petrolio sta crollando e immaginare un ritorno alla normalità nel mezzo di nuovi allarmi negli Stati Uniti e in Cina per l’aumento dei casi COVID-19 è una pia illusione

 

Mentre i sauditi cercano di aumentare i prezzi e la produzione, andranno incontro a una domanda mondiale di petrolio che si sta contraendo come mai prima nell’era post-1945.

 

Come gli eventi del 2014 hanno chiarito, la morte dell’industria petrolifera statunitense è tutt’altro che certa. I pozzi possono essere riaperti rapidamente. Inoltre, questa volta la Russia ha meno motivi per schierarsi con l’OPEC.

 

Come gli eventi del 2014 hanno chiarito, la morte dell’industria petrolifera statunitense è tutt’altro che certa. I pozzi possono essere riaperti rapidamente

Questo sta avendo un impatto enorme non solo sulla geopolitica petrolifera del Medio Oriente, ma sul mondo intero. L’attuale guerra per procura dell’Arabia Saudita contro l’influenza iraniana in Siria, Iraq e Libano è fortemente compromessa.

 

Allo stesso modo, la guerra per procura saudita che sostiene l’Egitto contro la Turchia in Libia deve affrontare seri problemi finanziari. Le conseguenze della disastrosa guerra petrolifera di marzo sono solo all’inizio.

 

 

William F. Engdahl

 

L’attuale guerra per procura dell’Arabia Saudita contro l’influenza iraniana in Siria, Iraq e Libano è fortemente compromessa. Allo stesso modo, la guerra per procura saudita che sostiene l’Egitto contro la Turchia in Libia deve affrontare seri problemi finanziari

Traduzione di Alessandra Boni

 

F. William Engdahl è consulente e docente di rischio strategico, ha conseguito una laurea in politica presso la Princeton University ed è un autore di best seller sulle tematiche del petrolio e della geopolitica. È autore, fra gli altri titoli, di Seeds of Destruction: The Hidden Agenda of Genetic Manipulation («Semi della distruzione, l’agenda nascosta della manipolazione genetica»), consultabile anche sul sito globalresearch.ca.

 

 

Questo articolo, tradotto e pubblicato da Renovatio 21 con il consenso dell’autore, è stato pubblicato in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook e ripubblicato secondo le specifiche richieste.

 

Renovatio 21 offre la traduzione di questo articolo per dare una informazione a 360º.  Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Economia

FMI e Banca Mondiale si incontrano a Washington «all’ombra della guerra»

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I capi delle due più grandi istituzioni finanziarie mondialiste, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale si starebbero incontrando a Washington in queste ore per discutere il rischio sistemico che comporta la guerra in corso. Lo riporta il giornalista britannico Martin Wolf, che serve come principale commentatore economico del Financial Times.

 

L’articolo si intitola oscuramente «L’ombra della guerra si allunga sull’economia globale».

 

L’editorialista britannico afferma che «i politici stanno camminando sulle uova» per una serie di ragioni, incluso il fatto che «un quinto della fornitura mondiale di petrolio è passata attraverso lo Stretto di Hormuz, in fondo al Golfo, nel 2018. Questo è il punto di strozzatura della fornitura di energia globale».

 

«Una guerra tra Iran e Israele, che includa forse gli Stati Uniti, potrebbe essere devastante» avverte l’Economist. «I politici responsabili dell’economia mondiale riuniti a Washington questa settimana per le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale sono spettatori: possono solo sperare che i saggi consigli prevalgano in Medio Oriente».

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«Se il disastro fosse davvero evitato, come potrebbe essere l’economia mondiale?» si chiede la pubblicazione britannica.

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso dicembre il FMI pubblicò un rapporto i cui dati suggerivano come il dollaro stesse perdendo il suo dominio sull’economia mondiale.

 

Durante le usuali incontri primaverili tra FMI e Banca Mondiale dell’anno passato si era discusso, invece, delle valute digitali di Stato – le famigerate CBDC.

 

Il progetto di una CBDC globale, una valuta digitale sintetica globale controllata dalle banche centrali, ha lunga storia. Nel 2019, prima di pandemia, dedollarizzazionesuperinflazione e crash bancari che stiamo vedendo, l’allora governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ne aveva parlato all’annuale incontro dei banchieri centrali di Jackson Hole, nel Wyoming nel 2019.

 

Come riportato da Renovatio 21, l’euro digitale sembra in piattaforma di lancio, e la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde sembra aver ammesso che sarà usato per la sorveglianza dei cittadini.

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Immagine di World Bank Photo Collection via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic

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Economia

La Bank of America lancia un allarme sul petrolio a 130 dollari

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Una guerra totale tra Israele e Iran potrebbe far salire i prezzi del petrolio di 30-40 dollari al barile, hanno detto ai clienti gli esperti della Bank of America in una nota di ricerca vista dall’emittente statunitense CNBC.   Teheran e Gerusalemme Ovest si scambiano minacce da quando l’Iran ha condotto il suo primo attacco militare diretto contro lo Stato Ebraico lo scorso fine settimana, in rappresaglia per un sospetto attacco aereo israeliano sulla missione diplomatica iraniana in Siria all’inizio di questo mese.   Se le ostilità si trasformassero in un conflitto prolungato che colpisse le infrastrutture energetiche e interrompesse le forniture di greggio iraniano, il prezzo del Brent di riferimento globale potrebbe aumentare «sostanzialmente» a 130 dollari nel secondo trimestre di quest’anno, ha affermato martedì una nota di ricerca della Bank of America, secondo cui CNBC, aggiungendo che il petrolio greggio statunitense potrebbe salire a 123 dollari.   Secondo quanto riferito, lo scenario presuppone che la produzione petrolifera iraniana diminuisca fino a 1,5 milioni di barili al giorno (BPD). Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), l’Iran, membro fondatore dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), produce circa 3,2 milioni di barili di petrolio al giorno.   L’anno scorso Teheran si è classificata come la seconda maggiore fonte di crescita dell’offerta al mondo dopo gli Stati Uniti.   Se un conflitto portasse a sconvolgimenti al di fuori dell’Iran, come ad esempio la perdita del mercato di 2 milioni di barili al giorno o più, i prezzi potrebbero aumentare di 50 dollari al barile, secondo la nota. Il Brent alla fine si attesterà intorno ai 100 dollari nel 2025, mentre il benchmark statunitense West Texas Intermediate (WTI) scenderà a 93 dollari, secondo le previsioni.

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Il prezzo del greggio Brent è salito a oltre 91 dollari al barile all’inizio di questo mese dopo che Teheran ha minacciato ritorsioni contro Israele. Tuttavia, come ha sottolineato il team di economia globale della banca, nei giorni successivi allo sciopero di ritorsione i prezzi del petrolio greggio sono crollati a causa «delle limitate vittime e dei danni» che ha causato.   Gli analisti hanno avvertito che la reazione del mercato «potrebbe non riflettere le implicazioni economiche e geopolitiche a medio termine» del primo attacco militare diretto dell’Iran contro Israele.   Se una guerra fosse limitata alle due nazioni, la Bank of America vedrebbe un impatto minimo sulla crescita economica degli Stati Uniti e sulla politica monetaria della Federal Reserve. Una guerra regionale generale, tuttavia, potrebbe avere un impatto sostanziale sugli Stati Uniti, secondo l’istituzione.   I futures del Brent venivano scambiati a 86,6 dollari al barile alle 11:29 GMT sull’Intercontinental Exchange (ICE). I futures WTI venivano scambiati a 82 dollari al barile a New York, scrive RT.   Come riportato da Renovatio 21, i prezzi del petrolio sono stati scossi anche dagli attacchi ucraini alle infrastrutture petrolifere russe, una politica bellica rivendicata dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba nella richiesta di fornire ulteriori armi a Kiev. La spinta al prezzo del petrolio data dagli attacchi dei droni ucraini su raffinerie russe è stata evidente quattro settimane fa, con il costo dell’oro nero salito a 86 dollari dopo un episodio.   Il petrolio è particolarmente sensibile alle questioni geopolitiche: nelle ultime ore, quando si erano sparse le voci di un imminente attacco iraniano ad Israele, il prezzo del greggio era schizzato sopra i 90 dollari al barile. La tensione nel Golfo di Aden, con gli Houthi che attaccano perfino le petroliere russe, contribuisce al caos sui mercati, con Goldman Sachs che ritiene che i prezzi potrebbero perfino raddoppiare. Dopo i forti aumenti registrati nel terzo trimestre 2023, Fitch Rating ha comunicato che il petrolio potrebbe toccare i 120 dollari.

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Economia

Il prezzo dell’oro tocca il massimo storico

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Ieri il prezzo dell’oro ha raggiunto il massimo storico, superando i 2.400 dollari l’oncia, mentre continua la corsa globale ai beni rifugio.

 

I prezzi spot dell’oro sono aumentati del 2,4% raggiungendo il massimo storico di 2.431,52 dollari l’oncia prima di pareggiare alcuni guadagni. I prezzi sono aumentati del 4% durante la settimana e del 16% finora quest’anno, superando l’aumento del 13% registrato per tutto il 2023, scrive RT.

 

Gli analisti attribuiscono il rally alla domanda degli investitori di beni rifugio in un contesto di incertezza globale e crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente.

 

Funzionari statunitensi hanno affermato venerdì che l’Iran potrebbe lanciare un massiccio attacco contro Israele entro le prossime 24-48 ore. Teheran ha minacciato una dura risposta da quando Israele ha ucciso due generali iraniani in un attacco aereo all’inizio di questo mese.

 

«I fattori positivi per l’oro superano quelli negativi. Le crescenti tensioni in Medio Oriente sono il principale motore della recente impennata dell’oro», ha detto alla Reuters Chris Gaffney, presidente dei mercati mondiali di EverBank.

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La responsabile dell’analisi di mercato di StoneX Financial Ltd., Rhona O’Connell, ha anche affermato che «il rischio geopolitico è il fulcro qui» e che in un anno con più di 50 elezioni locali e nazionali, le continue tensioni in Medio Oriente si stanno aggiungendo «altra benzina sul fuoco».

 

Alcuni esperti hanno indicato che anche i continui e forti acquisti dalla Cina hanno sostenuto i prezzi, scrive Russia Today.

 

Gli investitori tradizionalmente si rivolgono all’oro in tempi di incertezza del mercato per coprire i rischi e come riserva di valore. Per migliaia di anni, i lingotti sono stati visti come un rifugio sicuro durante periodi di instabilità economica, crisi del mercato azionario, conflitti militari e pandemie.

 

Anche altri metalli preziosi sono in crescita, con l’argento che è salito del 4% a 29,60 dollari l’oncia, il suo prezzo più alto dall’inizio del 2021. Il palladio è salito del 2,7% a 1.075 dollari e il platino è salito sopra il livello psicologico chiave di 1.000 dollari l’oncia al suo massimo in quasi quattro mesi.

 

Come riportato da Renovatio 21, alcuni analisti avevano previsto che i prezzi dell’oro avrebbero potuto nei mesi successivi raggiungere la cifra record di 2.500 dollari l’oncia, spinti dalla domanda degli investitori di beni rifugio sulla scia dell’incertezza globale e delle tensioni geopolitiche.

 

Come riportato da Renovatio 21, a inizio anno la Russia aveva parlato di un ritorno all’economia basata sul valore dell’oro. Gli economisti russi Sergej Glazev e Dmitrij Mitjaev avevano sostenuto l’uso dell’oro per proteggere il sistema finanziario russo mentre «salta giù» dal sistema basato sul dollaro in bancarotta e aiuta a stabilire una nuova architettura finanziaria internazionale. La proposta era quella di una sorta di «rublo d’oro 3.0».

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