Bioetica
Israele non consegnerà alle famiglie i cadaveri di tutti i palestinesi uccisi
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Il governo ha approvato la norma su proposta del ministro della Difesa Benny Gantz. Ora verranno trattenuti tutti i corpi, non solo quelli di elementi appartenenti a fazioni estremiste (Hamas). Attivisti e ONG pro diritti umani criticano il provvedimento, definendolo «problematico» e guidato da «motivazioni di vendetta».
Ora verranno trattenuti tutti i corpi, non solo quelli di elementi appartenenti a fazioni estremiste (Hamas)
Israele non intende più restituire alle famiglie i corpi dei palestinesi uccisi, nel contesto di attacchi contro propri concittadini o dei loro beni e proprietà. Il provvedimento, votato nella serata di ieri durante una riunione del Consiglio dei ministri, riguarderà non solo i militanti del gruppo estremista Hamas ma tutti gli autori di attacchi e violenze anti-israeliane.
Attivisti e ongONG pro diritti umani hanno attaccato in passato Israele per la politica di «sequestro» dei cadaveri. Ieri il ministro della Difesa Benny Gantz ha chiesto che questa prassi, usata come deterrente, sia estesa «a tutti i palestinesi» a prescindere dalla loro affiliazione politica, non solo a quanti risultano essere membri di gruppi fondamentalisti o combattenti.
Attivisti e ONG pro diritti umani criticano il provvedimento, definendolo «problematico» e guidato da «motivazioni di vendetta»
«Il rifiuto di restituire i corpi dei terroristi – ha sottolineato Benny Gantz – è parte del nostro impegno a mantenere la sicurezza dei cittadini israeliani, e per riportare a casa [i corpi dei soldati uccisi]. Spero che il nostro nemico capisca e interiorizzi bene il messaggio».
L’associazione pro diritti umani Adalah attacca con forza la decisione del governo israeliano, definendola «estremamente problematica» e guidata «da una chiara motivazione di vendetta».
«Un arresto post-mortem» unico al mondo
«La politica dell’uso – prosegue il comunicato – dei corpi umani come merce di scambio viola i valori universali più elementari e il diritto internazionale, che proibiscono trattamenti crudeli e disumani».
«Il rifiuto di restituire i corpi dei terroristi è parte del nostro impegno a mantenere la sicurezza dei cittadini israeliani»
Israele ha attuato per la prima volta nel 1967 la pratica di trattenere i resti dei palestinesi uccisi nel contesto di attacchi; in questi anni sono centinaia i cadaveri trattenuti e mai restituiti, ancora oggi tenuti negli obitori o sepolti in tombe trasandate in quello che è diventato famoso come il cimitero dei numeri.
Una pratica in palese violazione al diritto internazionale, come la Convenzione di Ginevra secondo cui le parti coinvolte in un conflitto armato devono seppellire i morti del fronte nemico in modo onorevole.
Una pratica in palese violazione al diritto internazionale, come la Convenzione di Ginevra secondo cui le parti coinvolte in un conflitto armato devono seppellire i morti del fronte nemico in modo onorevole
In questi anni il governo israeliano ha più volte affermato di voler trattenere i corpi per utilizzarli come merce di scambio nei negoziati con i palestinesi; in alcuni casi la restituzione alle famiglie di origine avviene in seguito a una azione legale.
Pacifisti israeliani e ONG pro-diritti umani hanno definito questa pratica «un arresto post-mortem» unico al mondo.
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Immagine di Workers Party of Ireland via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)
Bioetica
Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»
Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.
Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.
Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.
Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?
Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.
«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»
Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:
«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».
Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:
«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».
Michael Cook
Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.
Bioetica
Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea
Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.
La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».
I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».
La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».
Minaccia ai gruppi pro-vita
I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.
Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.
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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»
La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».
Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».
Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.
Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata
Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:
«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».
Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.
Articolo previamente apparso su FSSPX.news.
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Bioetica
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