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Epidemie

Il nuovo DPCM, la «seconda ondata» e il futuro che ci attende

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Non serve affatto essere medici o virologi per capire che la tanto famigerata «Seconda Ondata» sia stata letteralmente studiata, costruita e propinata dai media con la complicità attiva delle istituzioni — politiche e, anche se non tutte, sanitarie. 

 

Basta conoscere le addizioni ed avere un minimo di dimestichezza con il calcolo delle proporzioni per comprendere che ci troviamo dinanzi al più grande falso conosciuto prima, che nulla ha a che vedere, numericamente parlando, con quello che è successo nei mesi di febbraio, marzo e aprile, una catastrofe cagionata da vent’anni di tagli alla sanità in nome della spending review chiesta a gran voce da Mamma Europa e i suoi pulcini, con il contributo di un governo letteralmente incapace di gestire un’emergenza. 

 

Non serve affatto essere medici o virologi per capire che la tanto famigerata «seconda ondata» sia stata letteralmente studiata, costruita e propinata dai media con la complicità attiva delle istituzioni — politiche e, anche se non tutte, sanitarie. 

I dati di confronto li riportava qualche giorno fa non quel sito brutto, cattivo e «negazionista» di Renovatio 21, ma il primo quotidiano italiano, alias Corriere della Sera: nella giornata del 21 marzo, su tutto il territorio nazionale, con 26.336 tamponi eseguiti i contagi erano 6.557; il 14 ottobre, con ben 152.196 tamponi eseguiti, i contagi sono stati 7.332.

 

Il 21 marzo il numero delle vittime, in un giorno, era pari a 793; il 14 ottobre 43.

 

Il tasso della letalità, il 21 marzo, era situato al 7,8%; il 14 ottobre allo 0,3%. Il 21 marzo il numero di ricoverati con sintomi è stato di 17.708; al 14 ottobre 5.470. Il 21 marzo si riscontravano 2.857 persone ricoverate in terapia intensiva; il 14 ottobre 539.

 

Il tasso della letalità, il 21 marzo, era situato al 7,8%; il 14 ottobre allo 0,3%. Il 21 marzo il numero di ricoverati con sintomi è stato di 17.708; al 14 ottobre 5.470. Il 21 marzo si riscontravano 2.857 persone ricoverate in terapia intensiva; il 14 ottobre 539

Come potrete facilmente notare, i numeri dell’ultimo periodo, soprattutto se confrontati con il numero di tamponi eseguiti ad oggi — cinque volte superiore rispetto a quelli di marzo — non hanno nulla a che vedere con quelli della prima ed unica emergenza sanitaria, e soprattutto non giustificano affatto il terrore mediatico e generale venutosi a creare negli ultimi giorni, terreno fondamentale per il governo poiché utile a sferrare il nuovo DPCM proprio sulla scia di una falsa convinzione del cosiddetto «aumento dei contagi» o «rialzo della curva».

 

A sostenere quello che diciamo ci ha pensato persino Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità che attraverso un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano ha parlato di un allarmismo ingiustificato: «I numeri delle Terapie intensive sono ancora significativamente inferiori agli oltre 4.000 malati di inizio aprile: siamo al 25% di quel picco. […] quando si arriverà a una soglia del 30% di occupazione dei posti letto a disposizione salirà l’allerta, adesso siamo al 10-15%».

 

Locatelli aggiungeva poi che «chiudere alle 21:00 penalizzerebbe attività come i ristoranti già in crisi grave» e un nuovo lockdown «avrebbe conseguenze sociali ed economiche inaccettabili».

«I numeri delle Terapie intensive sono ancora significativamente inferiori agli oltre 4.000 malati di inizio aprile: siamo al 25% di quel picco. […] quando si arriverà a una soglia del 30% di occupazione dei posti letto a disposizione salirà l’allerta, adesso siamo al 10-15%» Franco Locatelli, CTS

 

Detto fatto: nessuno lo ha ascoltato e, anzi, il nuovo DPCM prevede la chiusura di tutti i bar, ristoranti e servizi di ristorazione in generale alle 18:00.

 

Il problema però si riversa comunque, in modo immotivato se non a causa del terrore inoculato, sui pronto soccorso presi d’assalto, come ricorda Salvatore Manca, presidente della Società Italiana di Medicina, ricordando altresì la mancanza di personale: «I pronto soccorso sono presi d’assalto da pazienti con sintomi da COVID-19 e ci sono file di ambulanze in attesa».

 

L’infettivologo del San Martino di Genova, Matteo Bassetti, ha parlato di comportamento irrazionale: «Si è verificato quello che pensavo: la gente è terrorizzata e corre in ospedale, anche quando non ce ne sarebbe la necessità».

 

È proprio attraverso il terrore che si governa la popolazione, e fino ad ora questo antico e sempiterno metodo strategico pare aver attecchito in ogni luogo, in ogni sede e con chiunque.

«Si è verificato quello che pensavo: la gente è terrorizzata e corre in ospedale, anche quando non ce ne sarebbe la necessità» dott. Matteo Bassetti

 

Le rivolte di piazza, ad oggi, sono timide e numericamente insignificanti, forse anche perché le categorie ad essere particolarmente colpite da questo lockdown camuffato sotto le mentite spoglie delle «lievi restrizioni» sono sempre le stesse: artigiani e Partite IVA.

 

Notare che, nel grande filone di chiusure, vi sono anche i teatri. Anche in questo caso, i numeri raccolti dall’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) ci parlano di una chiusura letteralmente ingiustificata: dal 15 giugno al 10 ottobre gli spettacoli tenutosi su scala italiana sono stati 2.782, gli spettatori 347.262 e contagiati — udite udite — 1 (uno!).

 

Le piscine, dove il tasso di percentuale di cloro unito a tutte le misure di disinfezione degli spazi ucciderebbe anche la peste nera, non sono state risparmiate. 

È proprio attraverso il terrore che si governa la popolazione, e fino ad ora questo antico e sempiterno metodo strategico pare aver attecchito in ogni luogo, in ogni sede e con chiunque

 

Mentre i numeri dei falsi contagi salgono — falsi perché la maggior parte dei casi è «asintomatico», ovvero portatore sano per essere più precisi — nessuno fornisce spiegazioni su ciò che in tutto questo lasso di tempo non è stato fatto pur essendo stato promesso: poco importa infatti che il bando per 3.000 posti letto in più in terapia intensiva sia stato fatto solo il primo di ottobre da quel grande mentore del Commissario Domenico Arcuri.

 

Poco importa che manchino ancora 50.000 infermieri e 20.000 medici e che i nuovi concorsi per le assunzioni siano stati indetti solamente a settembre, mentre in estate un ministro pensava a prendere la tintarella (Di Maio) e l’altro pensava a scrivere il suo libro (Speranza) di cui ora si vergogna — e giustamente! — perfino. 

 

«Abbiamo perso tempo!», grida Agostino Miozzo, responsabile del CTS.

 

A nessuno, meno che mai al governo e alle autorità sanitarie competenti a quanto pare, importa che nelle Case Residenze Anziani la situazione sia ritornata ad essere quella dell’era pre-COVID, ovvero con il personale venuto a mancare a causa degli esuberi indetti dagli ospedali e con una condizione sanitaria ancora di bassissimo livello.

Mentre i numeri dei falsi contagi salgono — falsi perché la maggior parte dei casi è «asintomatico», ovvero portatore sano per essere più precisi — nessuno fornisce spiegazioni su ciò che in tutto questo lasso di tempo non è stato fatto pur essendo stato promesso

 

Gli italiani sani vengono chiusi in casa, per gli anziani nelle CRA, bisognose esse stesse di aiuto, non viene fatto nulla se non il solito, imbarazzante scarica barile di due righe: della serie «gli enti gestori facciano come credano ma per non saper né leggere né scrivere chiudano le visite ai familiari», come fossero loro il problema e come se privare gli anziani fragili del contatto con l’esterno, ovvero con i loro cari, fosse la risoluzione per tutte le criticità presenti nel sistema assistenziale rispetto alla gestione di un’epidemia che ha un tasso di letalità altissimo per gli over-80 con comorbilità. 

 

La rabbia c’è e il rischio del collasso sociale, come diciamo da tempo, è dietro l’angolo. Ma forse non è ancora sufficiente perché il lavoro di anestetizzazione delle masse parte da molto lontano e ha intessuto la società in maniera vertiginosa ed efficace.

 

L’uomo moderno non è libero poiché vive nella menzogna, alla menzogna crede ed in ragione di essa si lascia calpestare, schiacciare, limitare.

Gli italiani sani vengono chiusi in casa, per gli anziani nelle CRA, bisognose esse stesse di aiuto, non viene fatto nulla se non il solito, imbarazzante scarica barile di due righe

 

La limitazione della vera Libertà che grazie al COVID-19 è stata ottenuta nessuna l’ha capita, nessuno ha veramente voglia di combatterla perché nessuno vuole la Verità, l’unica che può realmente rendere liberi. Raccogliamo i frutti dell’iperbole liberale e liberista, la peggior piaga sociale degli ultimi due secoli.

 

E così, se non troveremo una soluzione, se non ci raddrizzeremo mentalmente e finanche spiritualmente, finiremo ben presto in un irreversibile stato di psicopolizia dove il terrore collettivo farà esclusivamente da padrone e dove i romanzi distopici oggi tanto citati saranno, a confronto, il riflesso di una realtà edulcorata e piacevole.

L’uomo moderno non è libero poiché vive nella menzogna. Raccogliamo i frutti dell’iperbole liberale e liberista, la peggior piaga sociale degli ultimi due secoli

 

Cristiano Lugli 

 

 

 

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Epidemie

Uomo muore di peste bubbonica: piaghe antiche stanno tornando?

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Funzionari dello Stato americano del Nuovo Messico hanno confermato che un cittadino è morto di peste. Si tratterebbe del primo caso di decesso da peste da diversi anni. Lo riporta la testata americano Epoch Times.

 

Il Dipartimento della Salute del Nuovo Messico, in una dichiarazione, ha affermato che un uomo nella contea di Lincoln «ha ceduto alla peste» L’uomo, che non è stato identificato, era stato ricoverato in ospedale prima della sua morte, hanno detto i funzionari.

 

Hanno inoltre notato che si tratta del primo caso umano di peste nel Nuovo Messico dal 2021 e anche della prima morte dal 2020, secondo la dichiarazione. Non sono stati forniti altri dettagli, compreso il modo in cui la malattia si è diffusa all’uomo.

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L’agenzia sta ora svolgendo attività di sensibilizzazione nella contea di Lincoln, mentre «nella comunità verrà condotta anche una valutazione ambientale per individuare i rischi in corso», continua la dichiarazione. «Questo tragico incidente serve a ricordare chiaramente la minaccia rappresentata da questa antica malattia e sottolinea la necessità di una maggiore consapevolezza della comunità e di misure proattive per prevenirne la diffusione», ha affermato l’agenzia.

 

La peste, conosciuta come morte nera o peste bubbonica, è una malattia batterica che può diffondersi attraverso il contatto con animali infetti come roditori, animali domestici o animali selvatici.

 

La dichiarazione del Dipartimento della Salute del Nuovo Mexico afferma che gli animali domestici come cani e gatti che vagano e cacciano possono riportare pulci infette nelle case e mettere a rischio i residenti.

 

I funzionari hanno avvertito le persone della zona di «evitare roditori e conigli malati o morti, i loro nidi e tane» e di «impedire agli animali domestici di vagare e cacciare».

 

«Parlate con il vostro veterinario dell’utilizzo di un prodotto appropriato per il controllo delle pulci sui vostri animali domestici poiché non tutti i prodotti sono sicuri per gatti, cani o bambini» e «fate esaminare prontamente gli animali malati da un veterinario», ha aggiunto.

 

«Consulta il tuo medico per qualsiasi malattia inspiegabile che comporti una febbre improvvisa e grave, continua la dichiarazione, aggiungendo che la gente del posto dovrebbe pulire le aree intorno alla loro casa che potrebbero ospitare roditori come cataste di legna, mucchi di spazzatura, vecchi veicoli e mucchi di cespugli.

 

La peste, diffusa dal batterio Yersinia pestis, ha causato la morte di circa centinaia di milioni di europei nei secoli XIV e XV in seguito alle invasioni mongole. In quella pandemia, i batteri si diffusero tramite le pulci sui ratti neri, che secondo gli storici non erano conosciuti dalla gente dell’epoca.

 

Si ritiene che anche altre epidemie di peste, come la peste di Giustiniano nel VI secolo, abbiano ucciso circa un quinto della popolazione dell’Impero bizantino, secondo documenti e resoconti storici. Nel 2013, i ricercatori hanno affermato che anche la peste di Giustiniano era stata causata dal batterio Yersinia pestis.

 

Casi recenti si sono verificati principalmente in Africa, Asia e America Latina. I paesi con frequenti casi di peste includono il Madagascar, la Repubblica Democratica del Congo e il Perù, afferma la clinica. Negli ultimi anni sono stati segnalati numerosi casi di peste anche nella Mongolia interna, in Cina.

 

I sintomi di un’infezione da peste bubbonica comprendono mal di testa, brividi, febbre e debolezza. I funzionari sanitari affermano che di solito può causare un doloroso gonfiore dei linfonodi nella zona dell’inguine, dell’ascella o del collo. Il gonfiore di solito si verifica entro circa due-otto giorni.

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La malattia può generalmente essere trattata con antibiotici, ma di solito è mortale se non trattata, dice il sito web della Mayo Clinic. «La peste è considerata una potenziale arma biologica. Il governo degli Stati Uniti ha piani e trattamenti in atto nel caso in cui la malattia venga utilizzata come arma», afferma anche il sito web.

 

Secondo i dati dei Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, l’ultima volta che sono stati segnalati decessi per peste negli Stati Uniti è stato nel 2020, quando sono morte due persone.

 

Come riportato da Renovatio 21, un altro caso di peste bubbonica si era avuto pochi giorni fa in Oregon.

 

Come riportato da Renovatio 21, altre malattie antiche si sono riaffacciate sulla scena mondiale. La lebbra, ad esempio, è riapparsa in USA, India, Gran Bretagna, con esperti che ipotizzano una possibile correlazione con la vaccinazione mRNA.

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Immagine: Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro (c. 1609-1610–c. 1675), Largo Mercatello durante la peste a Napoli (1656), Museo nazionale di San Martino, Napoli.

Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
 

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Epidemie

Cambiamento del comportamento sessuale post-pandemia: le malattia veneree aumentano nella UE

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L’Europa ha assistito a un aumento «preoccupante» del numero di casi di infezioni a trasmissione sessuale, ha avvertito Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l’agenzia epidemiologica dell’UE.   Il rapporto epidemiologico annuale pubblicato giovedì dal l’ECDC ha rivelato i risultati per il 2022 per gli Stati membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia).   Secondo il documento, in tutta l’UE/SEE, i casi di infezioni batteriche come sifilide, gonorrea e clamidia hanno registrato un aumento «preoccupante» e «significativo» rispetto al 2021. I casi di gonorrea sono aumentati del 48%, i casi di sifilide del 34%, e casi di clamidia del 16%, afferma il documento. Il rapporto non ha fornito dati sulle malattie sessualmente trasmissibili virali come l’HIV e l’epatite.

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L’educazione alla salute sessuale, l’accesso ampliato ai servizi di test e trattamento, nonché la lotta allo stigma associato alle malattie sessualmente trasmissibili sono stati indicati come modi per affrontare la questione dal direttore dell’ECDC Andrea Ammon.   «Sfortunatamente, i numeri dipingono un quadro drammatico, che richiede la nostra attenzione e azione immediate», ha detto giovedì in una conferenza stampa.   «Questi numeri – per quanto grandi – molto probabilmente rappresentano solo la punta dell’iceberg, perché i dati di sorveglianza potrebbero sottostimare il vero peso della sifilide, della gonorrea e della clamidia a causa delle differenze nelle pratiche di test, nell’accesso ai servizi di salute sessuale e nelle pratiche di segnalazione nei vari paesi», ha aggiunto, riporta Euractiv.   Sebbene le infezioni trasmesse sessualmente come la clamidia, la gonorrea e la sifilide siano curabili, se non trattate possono comunque portare a gravi complicazioni tra cui dolore cronico e infertilità, osserva il rapporto.   Le malattie sessualmente trasmissibili sono in aumento da anni nell’UE/SEE, anche se questo fenomeno ha subito una battuta d’arresto durante la pandemia di COVID-19 del 2020-2021, quando i governi hanno imposto misure di isolamento sociale costringendo le persone a rimanere a casa ed evitare il contatto sociale.   Un aumento dei comportamenti sessuali più rischiosi, insieme a una migliore sorveglianza e all’aumento dei test domiciliari, sono stati indicati dall’ECDC come ragioni alla base di questo aumento sostenuto.

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Secondo gli ultimi dati, un aumento dei contagi tra i giovani eterosessuali, e in particolare tra le giovani donne, potrebbe essere attribuito a un cambiamento nel comportamento sessuale post-pandemia, ha affermato l’agenzia UE.   Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), prima della pandemia, nel 2019, il numero di casi di infezioni sessualmente trasmissibili batteriche ha raggiunto il massimo storico in Europa.   Come noto, a fine pandemia apparve sulla scena – annunciato da una bizzarra esercitazione simulativa organizzata dai soliti Gates più enti annessi – un’epidemia internazionale di vaiolo delle scimmie, che sembrava colpire per lo più gli uomini omosessuali, con picchi attorno ai gay pride di tutto il mondo.   In Italia il vaccino – approvato senza studi clinici – fu quindi offerto in precedenza a «persone gay, transgender, bisessuali e altri uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) che rientrano nei seguenti criteri di rischio: storia recente (ultimi 3 mesi) con più partner sessuali; partecipazione a eventi di sesso di gruppo; partecipazione a incontri sessuali in locali/club/cruising/saune; recente infezione sessualmente trasmessa (almeno un episodio nell’ultimo anno); abitudine alla pratica di associare gli atti sessuali al consumo di droghe chimiche (Chemsex)» scriveva testualmente la circolare diramata dal ministero della Salute della Repubblica Italiana.   L’OMS – che aveva comunque raccomandato ai maschi gay di «limitare i partner sessuali» – dieci mesi fa aveva dichiarato finita l’emergenza, tuttavia l’ente epidemiologico americano CDC l’anno scorso aveva avvertito che il vaiolo delle scimmie sarebbe potuto tornare con i festival LGBT estivi.

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Epidemie

«Alaskapox»: una nuova epidemia colpisce il Nord America

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Funzionari sanitari dell’Alaska hanno documentato il primo caso mortale di virus Alaskapox (noto anche come «AKPV») in un signore anziano della penisola di Kenai, situata appena a sud della capitale dello Stato, Anchorage.

 

L’uomo è morto alla fine di gennaio, suscitando la preoccupazione tra i funzionari che la trasmissione del virus potesse essere più estesa di quanto si pensasse in precedenza.

 

Secondo il bollettino della Sezione di Epidemiologia dell’Alaska pubblicato la scorsa settimana, l’uomo immunocompromesso ha notato per la prima volta una tenera protuberanza rossa sotto l’ascella destra a metà settembre. Nelle settimane successive, si è consultato con i professionisti medici poiché la lesione è peggiorata, portando al ricovero in ospedale a novembre a causa di un’estesa infezione che ha inibito la mobilità del braccio.

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Il bollettino spiegava che la salute dell’uomo era migliorata alla fine dell’anno dopo il trattamento con farmaci per via endovenosa, ma che era morto improvvisamente alla fine di gennaio a causa di un’insufficienza renale.

 

«Finora sono state segnalate sette infezioni da AKPV alla Sezione di Epidemiologia dell’Alaska (SOE). Fino a dicembre 2023, tutte le infezioni segnalate si sono verificate in residenti dell’area di Fairbanks e riguardavano malattie autolimitanti costituite da eruzione cutanea localizzata e linfoadenopatia», si legge nel bollettino. notato.

 

«Le persone non dovrebbero essere necessariamente preoccupate ma più consapevoli», ha affermato Julia Rogers, epidemiologa statale e coautrice del bollettino. «Quindi speriamo di rendere i medici più consapevoli di cosa sia il virus dell’Alaskapox, in modo che possano identificare segni e sintomi».

 

Il bollettino include raccomandazioni: «i medici dovrebbero acquisire familiarità con le caratteristiche cliniche dell’Alaskapox e prendere in considerazione l’esecuzione di test per l’infezione da orthopoxvirus in pazienti con una malattia clinicamente compatibile».

 

Come riportato da Renovatio 21, funzionari sanitari dell’Oregon hanno confermato un caso di peste bubbonica, con un cittadino probabilmente infettato dal suo gatto domestico.

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