Geopolitica
Il Giappone stanzia i primi fondi per imprese che spostano la produzione dalla Cina
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di Asianews.
Il governo giapponese vuole ridurre la dipendenza economica da Pechino. Circa 536 milioni di euro andranno a 57 compagnie di ritorno in Giappone. Altre 30 aziende nipponiche che operano in Cina riceveranno fondi per investire nel sud-est asiatico. Gli Usa lavorano a un provvedimento simile.
Il governo giapponese vuole ridurre la dipendenza economica da Pechino. Circa 536 milioni di euro andranno a 57 compagnie di ritorno in Giappone
Il governo nipponico ha stanziato i primi fondi per ridurre la propria dipendenza manifatturiera dalla Cina.
Nel weekend, il ministero dell’Economia ha annunciato che 57 compagnie nazionali presenti in territorio cinese, incluso il produttore di mascherine protettive Iris Ohyama and Sharp, riceveranno oltre 57 miliardi di yen (468 milioni di euro) per riportare la produzione in patria.
Per un importo non ancora specificato, altre 30 aziende giapponesi che operano in Cina beneficeranno di fondi per spostare le proprie attività in Vietnam, Myanmar, Thailandia e altri Paesi del sud-est asiatico.
Nel complesso, il Giappone sborserà 1,9 miliardi di euro per aiutare le proprie imprese ad abbandonare la Cina
Nel complesso, il Giappone sborserà 1,9 miliardi di euro per aiutare le proprie imprese ad abbandonare la Cina. La misura è parte del massiccio stimolo finanziario, pari a 864 miliardi di euro, che il governo nipponico ha annunciato il 7 aprile per combattere gli effetti recessivi della pandemia di coronavirus. Una parte di questa somma (192 milioni di dollari) è destinata a incentivare le aziende nipponiche a chiudere i propri stabilimenti in Cina a riaprirli altri Paesi, soprattutto negli Stati ASEAN(Associazione dei Paesi del sud-est asiatico).
Le imprese giapponesi dipendono molto dall’importazione di componenti dalla Cina, da dove il COVID-19 si è propagato. L’economia cinese è un elemento essenziale della catena di approvvigionamento globale. Tra gennaio e maggio essa era saltata per il blocco alla produzione imposto da Pechino per contenere la diffusione del Covid-19.
Gli Stati Uniti stanno lavorando a un provvedimento simile, con alcuni settori dell’amministrazione Trump e del Congresso che spingono un vero e proprio «decoupling» (separazione) dal gigante asiatico
Dopo Taiwan lo scorso anno, il Giappone è l’unico Paese ad aver adottato una politica per riportare in patria gli investimenti finora diretti in Cina. Gli Stati Uniti stanno lavorando a un provvedimento simile, con alcuni settori dell’amministrazione Trump e del Congresso che spingono un vero e proprio «decoupling» (separazione) dal gigante asiatico.
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Geopolitica
Medvedev: l’Occidente complotta per assassinare Zelens’kyj
Le accuse secondo cui un polacco stava complottando con Mosca per assassinare il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj sono un segno che i sostenitori occidentali di Kiev vogliono «liquidare» il leader ucraino, ha affermato l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev. Lo riporta il sito governativo russo RT.
Giovedì le autorità polacche hanno riferito dell’arresto di un uomo accusato di aver tentato di fornire informazioni sensibili ai servizi segreti russi. Le informazioni potrebbero essere state utilizzate nel tentativo di uccidere Zelens’kyj, hanno affermato Varsavia e Kiev.
«Un attentato alla vita del capo banderita in Polonia? Questo è veramente grave», ha scritto venerdì sui social media Medvedev, vice capo del Consiglio di sicurezza russo, in risposta alle affermazioni. «Potrebbe essere la prima prova che le persone in Occidente hanno deciso di liquidarlo. Abbi paura, pagliaccio!» esclama l’ex presidente della Federazione Russa.
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Il termine «banderita», o «banderista», si riferisce al movimento nazionalista ucraino di Stepan Bandera, responsabile della pulizia etnica dei polacchi durante la seconda guerra mondiale. Il collaboratore nazista è considerato un eroe nazionale nella moderna Ucraina.
Il cittadino polacco, identificato come Pawel K. dalla Procura nazionale di Varsavia, rischia fino a otto anni di carcere se condannato con l’accusa di aver tentato di collaborare con una potenza straniera contro gli interessi nazionali.
Nello specifico, Pawel K. è accusato di aver tentato di condividere con Mosca informazioni sull’aeroporto di Rzeszow-Jasionka, nel Sud-Est della Polonia. La struttura viene utilizzata per spedire armi e munizioni che i membri della NATO donano all’Ucraina per combattere la Russia.
Funzionari polacchi, tuttavia, hanno affermato che i suoi suggerimenti avrebbero potuto »tra le altre cose» aiutare Mosca a pianificare un attacco a Zelens’kyj durante una visita in Polonia. Il successore di Kiev al KGB, la SBU, ha ribadito le accuse in una propria dichiarazione, scrive RT.
Varsavia ha affermato che Pawel K. era in contatto con cittadini russi «direttamente coinvolti» nel conflitto in Ucraina. Le autorità polacche sono state informate della presunta minaccia da parte dei servizi di sicurezza ucraini.
Zelens’kyj ha detto ai media occidentali che la Russia ha cercato di ucciderlo per anni, con molteplici tentativi sventati dalle sue forze di sicurezza.
Tuttavia, l’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett ha affermato che il presidente russo Vladimir Putin gli aveva personalmente assicurato nel marzo 2022 che Mosca non avrebbe ucciso lo Zelens’kyj.
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Immagine del 2013 di Utenriksdepartementet UD via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic
Geopolitica
La Casa Bianca si oppone allo Stato palestinese: documenti trapelati
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Geopolitica
Israele attacca l’Iran
Israele ha effettuato attacchi in Iran nelle prime ore di venerdì, hanno riferito diversi organi di stampa, citando alti funzionari statunitensi. La notizia arriva meno di una settimana dopo che la Repubblica Islamica ha lanciato una raffica di droni e missili contro Israele.
L’agenzia di stampa iraniana Mehr ha riferito che diverse esplosioni sono state udite intorno alle 4 del mattino, ora locale, nei cieli sopra la città centrale di Isfahan.
L’emittente IRNA ha affermato che le difese aeree sono state attivate in alcune parti dell’Iran. Ha aggiunto che Israele ha colpito obiettivi anche in Siria e Iraq, colpendo aeroporti militari e un sito radar.
Hossein Dalirian, portavoce del programma spaziale civile iraniano, ha scritto su X che diversi droni sono stati abbattuti. Ha aggiunto che non vi è alcuna conferma di un attacco missilistico su Isfahan.
Secondo Al Jazeera, l’Iran ha sospeso i voli in diversi aeroporti, compresi quelli che servono Teheran e Isfahan.
La CNN ha citato un anonimo funzionario americano che ha affermato che i siti nucleari non sono stati presi di mira.
Altre fonti in rete parlano di sette città colpite, comprese fabbriche di armamenti.
Video non verificati caricati su internet dai pasdaran mostrerebbero la contraerea iraniana intercettare i missili israeliani.
BREAKING: 🚨🇮🇷🇮🇱 The IRANIAN Revolutionary Guard Corps uploaded this video intercepting ISRAELI missiles above Iran. pic.twitter.com/wrQA3NGmWd
— Vladimir Putin (parody) (@Brics_Dollar) April 19, 2024
Un altro video circolante in rete mostrerebbe una base militare a Isfahan in situazione di calma e normalità.
BREAKING: Footage near military base in Isfahan, Iran, suggests that the purported Israeli air strikes may be a “wag the dog” scenario. pic.twitter.com/aJqaa70EDq
— The General (@GeneralMCNews) April 19, 2024
L’esercito israeliano ha detto all’AFP che «non abbiamo commenti in questo momento» quando gli è stato chiesto delle notizie di esplosioni e attacchi in Iran e Siria. L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha rifiutato di confermare al Times of Israel che Israele è responsabile delle esplosioni udite a Isfahan.
L’attacco è avvenuto, coincidenza, nel giorno dell’85° compleanno dell’ayatollah Khamenei.
Secondo il Jerusalem Post, vi sarebbero stati attacchi anche in Siria – dove sarebbero stati colpiti siti dell’esercito siriano nei governatorati di Suwayda e Daraa – ed in Iraq, dove sarebbero state colpite le aree di Baghdad ed il governatorato di Babil.
Il 1° aprile, Israele ha colpito un edificio del consolato iraniano a Damasco, in Siria, uccidendo sette alti ufficiali della Forza Quds del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC). L’Iran ha risposto lanciando droni e missili kamikaze contro Israele il 13 aprile. Le forze di difesa israeliane (IDF) hanno affermato che la maggior parte dei colpi è stata intercettata con successo e ha riportato solo lievi danni a terra. Il costo della difesa per Israele ammonterebbe a circa un miliardo di dollari.
Come riportato da Renovatio 21, è emerso che alcuni droni iraniani sono stati intercettati dalla contraerea saudita.
Gli attacchi all’Iran, che mirano con evidenza ad un’escalation – visto che Teheran aveva specificato in varie sedi che dopo la sua rappresaglia considerava il caso chiuso – potrebbero avere per il gruppo al comando in Israele anche un preciso fine di politica interna.
Secondo il politologo John Mearsheimer «gli israeliani vorrebbero portarci in una guerra con l’Iran… con Hezbollah… Penso che il punto di vista israeliano, nel profondo, sia che quanto più grande è la guerra, tanto maggiore è la possibilità di una pulizia etnica».
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Immagine di Clemens Vasters via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic
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