Connettiti con Renovato 21

Vaccini

Cellule fetali nei vaccini, casca Lopalco

Pubblicato

il

 

 

Renovatio 21 ha letto l’articolo pubblicato sul sito di Cattivi Scienziati, diretto dal Prof. Enrico Bucci – un prof. sulla cui cattedra  il Fatto ha avanzato alcuni dubb  titolato «Di vaccini, feti e nanoparticelle di wolframio e di Tungsteno». Firmano in tre: il prof. Luigi Lopalco, il Prof. Pellegrino Conte e lo stesso Prof. Enrico Bucci, 

 

L’articolo s’incentra su di un forte attacco diretto ai ricercatori Gatti e Montanari. Fino a qui nulla di strano, visto che chi sta scomodo, solitamente, viene attaccato. Niente di strano anche ripensando al fatto che, dopo il notevole scivolone finito sui quotidiani nazionali (avrebbe dichiarato che in una conferenza pubblica che «i vaccini vengono sperimentati per anni su bambini volontari»), il Prof. Lopalco potrebbe avere ancora voglia, scusate il giuoco di parole, di continuare a stare sul palco

 

C’è da capirlo. Il Dott. Montanari, in effetti, si è burlato parecchio dello scivolone del Lopalco, che nel cuore dei vaccinisti italici è secondo solo a Sua Maestà Burioni. Detto questo, l’articolo vergato dai Tre sembrava effettivamente esser qualcosa di più mirato rispetto al solito. Parrebbe, per usare un termine entrato nei giornali di prepotenza negli ultimi anni, una sorta di dossieraggio (gli anglofoni dicono doxing) atto a gettare fango. Conoscete il ruolino di marcia: ecco che appare una foto che dimostra l’incoerenza del «dossierato», ecco un documento che potrebbe indicare uno scheletro nell’armadio… 

 

Il fine, se non lo avete capito, non è solo attaccare Montanari, ma mettere in discussione l’evento che Renovatio 21 organizzerà il prossimo 13 marzo a Roma

Il fine, se non lo avete capito, non è solo attaccare Montanari, ma mettere in discussione l’evento che Renovatio 21 organizzerà il prossimo 13 marzo a Roma, dove interveranno, tra gli altri, S.E. il cardinale Raymond Leo Burke e la ricercatrice americana – unica al mondo per la sua conoscenza sull’uso di linee cellulari di aborto nei vaccini – Theresa Deisher.

 

Per chi ha avuto dubbi, diciamo subito che ci è bastato poco rimettere le cose al proprio posto e per capire che le carte servite in tavola dal «Trio vaccino» sono state mescolate non solo poco, ma anche male. Questo lo vedremo direttamente nell’intervista che abbiamo voluto fare qui al Dott. Montanari, (e non nascondiamo che, di primo acchito, anche noi siamo stati colpiti dalle accuse avanzate ai due ricercatori).

 

Intanto, però, vorremmo precisare noi qualche inesattezza venuta fuori nell’articolo a firma di Lopalco, Bucci e Conte. 

 

Perché, se è vero che loro si intendono di scienza, è altrettanto vero che nel cercare di affrontare il tema etico e morale delle cose, o tanto più della religione cattolica più specificamente, potrebbero rimediare una figura paragonabile a quella dei concorrenti del gioco televisivo che, puntualmente, cascano sulla domanda di religione venendo eliminati o perdendo il fatidico montepremi. (un classico della TV generalista, la stessa per cui i vaccini sono il massimo…)

 

Rimandando ad un passato articolo del Lopalco, il Trio vorrebbero far presente che non c’è nessuna implicazione morale circa l’utilizzo di vaccini prodotti con linee cellulari di feti abortiti. Questo è falso perché, a prescindere dal feto nella sua unità e integrità, l’utilizzo di una linea cellulare ricavata da un feto sano, selezionato (perché il materiale deve essere «di qualità») , è parimenti grave.

 

È proprio qui che i professori dimostrano di non avere la ben che minima competenza per parlare di bioetica e morale in campo biomedico e e nell’ambito della ricerca. Infatti, ci sono diversi gradi di responsabilità per un atto moralmente illecito; così come non vuol dire che se non si utilizzi un feto integralmente per uno scopo, allora l’utilizzo delle sue cellule sia lecito: se quel feto lo si ritiene un bambino, una vita, allora le sue cellule sono parte integrante di un’unità inviolabile, in quel caso scarnificata e cannibalizzata biologicamente per produrre un farmaco. Fosse anche per un utilizzo infinitesimale del tessuto fetale, le cose non cambiano. Questione di intenzioni.

Fosse anche una linea cellulare che dura da anni, moralmente la gravità e la cooperazione al male, attraverso i suoi diversi gradi di responsabilità, non cambia di una virgola.

 

Fosse anche una linea cellulare che dura da anni, moralmente la gravità e la cooperazione al male, attraverso i suoi diversi gradi di responsabilità, non cambia di una virgola.

 

A questo punto non si capisce come mai, tutto d’un tratto, i tre luminari della scienza rigorosamente laica si arrampicano su questioni etiche rimediando la figura appena descritta – verrebbe da dire, che qui casca Lopalco.

 

In effetti basta poi andare a spulciare nei commenti all’articolo per comprendere che della morale, ai tre, poco interessa. Si legge che un commentatore, il Dr. Adriano Aguzzi, solleva una piccola critica all’articolo troppo poco laico secondo lui:

 

«D’accordo su tutto, tranne sul “presunto uso di feti umani, assolutamente condannabile sotto l’aspetto etico generale”. L’uso di feti umani derivati da aborti p.es. terapeutici, previo consenso informato dei genitori e autorizzazione del comitato etico responsabile, non è per niente condannabile sotto l’aspetto etico generale. Per esempio vennero usati neuroni mesencefalici fetali umani per curare il Parkinson, e non c’è niente di male in questo. Anche se oggi, con l’avvento delle cellule pluripotenti indotte, questo metodo non sarà più necessario».

 

Prontamente, il Prof. Enrico Bucci, così risponde:

«Naturalmente. Qui ci si riferisce al presunto uso dei feti umani come “ingrediente” per la preparazione industriale dei vaccini, adombrato da taluni ciarlatani».

Come no: leggere sui bugiardini «cellule diploidi umane MRC-5» oppure «prodotto su fibroblasti di polmone diploidi umani WI–38» cosa starebbe a significare?

Basta leggere Wikipedia. La storia della linea cellulare di feto abortito WI-38, poi, è pure grottesca, con i campioni conservati per mesi in un garage…

 

Lasciamo al lettore le dovute considerazioni e conclusioni del caso, soffermandoci ancora un momento sull’altra falsità presente nell’articolo di rimando a cui i Tre si rifanno. Lopalco, ci tiene a farci sapere che basta un solo feto sacrificato per produrre milioni di dosi di vaccino:

 

«Immaginate quanti feti debbano servire per produrre le centinaia di milioni di dosi di vaccino distribuite in tutto il mondo? La risposta è semplice: uno».

 

Ora, anche in questo caso, figuraccia.

 

Il Dr. Stanley Plotkin ha recentemente dichiarato che per progettare vaccini al Wistar Institute di Philadelphia, da cui prende il nome la linea cellulare WI-38, sono stati utilizzati 76 feti sani abortiti volontariamente

Il Dr. Stanley Plotkin, medico e consulente per la Sanofi-Pasteur, davanti al quale, non ce ne vogliano, Lopalco, Bucci e Conte shanno ben altro impatto scientifico, ha recentemente dichiarato, senza reticenze e da vero scienziato laico e ateo, fedele alla dea Scienza ma soprattutto alla dea Siringa, che per progettare vaccini al Wistar Institute di Philadelphia, da cui prende il nome la linea cellulare WI-38, sono stati utilizzati 76 feti sani abortiti volontariamente.

 

Da parte nostra c’è poco da aggiungere, dal momento che le falsità storiche, morali ed etiche sono smentite non da noi, ma dagli stessi che hanno fatto la storia delle vaccinazioni, dagli stessi, appunto, padri dei vaccini. 

 

Lasciamo ora la parola al Dott. Stefano Montanari per permettere lui di ribattere alle gravi accuse che gli sono state rivolte, con la speranza di fare chiarezza ma con l’altrettanta speranza – utopistica, certo – che chi muove accuse fuori dal proprio campo di conoscenza, la prossima volta abbia quantomeno l’accortezza (in fondo sono uomini di studio, e gentiluomini: no?) di aprire due o tre libri di teologia morale, o di ascoltare ciò che ha da dirgli un collega che i vaccini, a differenza di loro, li ha prodotti davvero.

 

In ultima analisi, ci teniamo a precisare che il nostro rapporto e la nostra collaborazione con il Dott. Stefano Montanari non verte sull’interesse morale della questione vaccini, quanto piuttosto su quello scientifico e legato alle analisi dei vaccini di Gatti e Montanari. La stima poi che Renovatio 21 nutre nei suoi riguardi e in quelli della Dott.ssa Antonietta Gatti, è mossa dal riconoscimento di tutto ciò che loro, gratuitamente, rimettendoci in carriera e in danaro, hanno fatto per il prossimo. Cosa, questa, che i bulletti da salotto para-scientifico e para-universitario non si sognano di fare, preferendo vaccinare tutti a tappeto e infischiandosene di quel primum non nocere sopra al quale dovrebbero aver fatto (forse) giuramento.

Da parte nostra c’è poco da aggiungere, dal momento che le falsità storiche, morali ed etiche sono smentite non da noi, ma dagli stessi che hanno fatto la storia delle vaccinazioni, dagli stessi, appunto, padri dei vaccini. 

 

L’invito di partecipazione che Renovatio 21 ha rivolto al Dott. Montanari per il convegno del 13 marzo a Roma, attaccato puerilmente dai tre lenocini da tastiera, è proprio finalizzato a dare lui la possibilità di approfondire un tema di carattere morale e scientifico affrontato dalla dott.ssa Debra Vinnedge, presidente di un’associazione pro-life americana che si occupa proprio di combattere per far cessare la produzione di vaccini con linee cellulari di feti abortiti, e dalla dott.ssa Theresa Deisher, Direttrice del Sound of Choice Pharmaceutical Institute, un laboratorio di ricerca che da anni si occupa delle complicanze dovute alla presenza di tracce di DNA esterno presente nei vaccini inoculati a milioni di bambini, probabile causa dell’aumento delle malattie autoimmuni. 

 

In questa circostanza, Montanari potrà presentare il proprio lavoro di ricerca portato avanti da anni e apporre alcune osservazioni su quanto emerso all’importante convegno che, a quanto pare, inizia a dare molto, molto fastidio anche per la presenza di un’autorità ecclesiastica molto importante, e che i tre luminari hanno cercato di tirare per la talare, con un po’ di irriverenza e gran poche argomentazioni.

 

Ora, come promesso, nel prossimo articolo la parola al Dott. Stefano Montanari.

 

Cristiano Lugli

Continua a leggere

Vaccini

Vaccini antinfluenzali collegati a un elevato rischio di ictus negli anziani: studio della FDA

Pubblicato

il

Da

Alcune persone che hanno ricevuto un vaccino contro il COVID-19 erano a maggior rischio di ictus, ma un’analisi ha rilevato che il rischio era collegato alla vaccinazione antinfluenzale, hanno affermato i ricercatori della Food and Drug Administration (FDA) statunitense in un nuovo studio. Lo riporta la testata statunitense Epoch Times.

 

I ricercatori, analizzando i dati del programma sanitario pubblico americano Medicare, hanno rilevato un elevato rischio di ictus tra gli anziani a seguito della somministrazione di un vaccino bivalente contro il COVID-19 e disponibile dall’autunno del 2022 all’autunno del 2023.

 

Gli studiosi avrebbero scoperto che «c’era un rischio elevato di ictus non emorragico o attacco ischemico transitorio nelle persone di età pari o superiore a 85 anni dopo la vaccinazione bivalente Pfizer e nelle persone di età compresa tra 65 e 74 anni dopo la vaccinazione Moderna» scrive Epoch Times. I ricercatori hanno quindi esaminato quali persone hanno ricevuto un vaccino antinfluenzale contemporaneamente a un vaccino COVID-19 e avrebbero visto che il rischio elevato persisteva solo tra le persone che avevano ricevuto i vaccini contemporaneamente.

Sostieni Renovatio 21

I vaccini antinfluenzali ad alte dosi sono destinati principalmente agli anziani, mentre i vaccini antinfluenzali adiuvati sono un altro tipo di vaccino antinfluenzale.

 

«Il significato clinico del rischio di ictus dopo la vaccinazione deve essere attentamente considerato insieme ai benefici significativi derivanti dalla vaccinazione antinfluenzale», hanno affermato i ricercatori, aggiungendo in seguito che «sono necessari ulteriori studi per comprendere meglio l’associazione tra vaccinazione antinfluenzale ad alte dosi o adiuvata e ictus».

 

Lo studio è stato pubblicato dal Journal of American Medical Association. In precedenza era stato archiviato come preprint.

 

Le limitazioni includono l’esclusione dei casi affetti da COVID-19 nei 30 giorni precedenti l’ictus nonché la limitazione dello studio alle persone vaccinate. Il metodo utilizzato dai ricercatori, una serie di casi autocontrollati, ha utilizzato le persone vaccinate sia come gruppo primario che come gruppo di controllo.

 

I ricercatori hanno considerato gli ictus verificatisi entro 42 giorni dalla vaccinazione come possibilmente collegati alla vaccinazione, mentre gli ictus verificatisi tra 43 e 90 giorni dopo la vaccinazione come non correlati alla vaccinazione.

 

Il documento includeva casi di ictus tra il 31 agosto 2022 e gennaio o febbraio 2023, a seconda del tipo di ictus. Dopo le esclusioni, sono stati inclusi 11.001 casi di ictus.

 

Gli unici conflitti di interesse elencati dai ricercatori riguardavano il fatto che alcuni di loro lavoravano per Acumen. Il documento è stato finanziato dalla FDA attraverso un accordo di cui Acumen è l’appaltatore. «La FDA ha avuto un ruolo nella progettazione e nella conduzione dello studio; interpretazione dei dati; preparazione, revisione o approvazione del manoscritto; e decisione di sottoporre il manoscritto per la pubblicazione. La FDA non ha avuto alcun ruolo nella raccolta, gestione o analisi dei dati», secondo lo studio.

 

Il possibile rischio di ictus per il vaccino bivalente della Pfizer e per gli anziani è stato segnalato per la prima volta all’inizio del 2023, scrive ET. La FDA e i Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) hanno affermato che all’epoca era apparso un segnale di sicurezza in un sistema di monitoraggio del governo. Il CDC ha successivamente affermato che i dati del sistema suggerivano che il rischio elevato derivava dalla somministrazione di un vaccino antinfluenzale con un vaccino anti-COVID-19.

 

Ricercatori francesi hanno affermato di aver esaminato se la somministrazione di un vaccino bivalente fosse collegata a un tasso più elevato di ictus e di altri eventi cardiovascolari rispetto alle vecchie versioni del vaccino e hanno scoperto che la somministrazione del primo era in realtà collegata a un tasso inferiore, riporta sempre Epoch Times.

 

«A 21 giorni dalla dose di richiamo, non abbiamo trovato prove di un aumento del rischio di eventi cardiovascolari tra i soggetti che hanno ricevuto il vaccino bivalente rispetto a quelli che hanno ricevuto il vaccino monovalente», hanno affermato in una lettera pubblicata dal New England Journal of Medicine.

Aiuta Renovatio 21

La dottoressa Kathryn Edwards e Marie Griffin della Vanderbilt University, che non erano coinvolte negli studi della FDA o in quelli francesi, hanno affermato in un editoriale pubblicato da JAMA questa settimana che i risultati della ricerca sono rassicuranti ma che il monitoraggio continuo dei vaccini antinfluenzali tra gli anziani «fornirebbe dati aggiuntivi sull’influenza rischio di ictus».

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2023 è emerso che, secondo dati, vi sarebbe stato un numero di morti 45 volte superiore dopo le iniezioni COVID in soli 2 anni rispetto a tutti i decessi correlati al vaccino antinfluenzale dal 1990.

 

Il CEO di Moderna Stéphane Bancel un anno fa aveva ammesso pubblicamente che di fatto il vaccino mRNA COVID sarebbe diventato come l’antinfluenzale, con le persone «vulnerabili» che lo faranno ciclicamente.

 

La Casa Bianca di Biden due anni fa era arrivata a fare la grottesca raccomandazione teologico-vacccinale per cui «Dio ci ha dato due braccia: una per il vaccino antinfluenzale, una per il vaccino COVID».

 

In preparazione, da anni, c’è un vaccino «antinfluenzale universale».

 

La correlazione tra vaccinazione contro l’influenza e mortalità da COVID-19 è stata oggetto di speculazioni già nel 2020, con uno studio del Pentagono USA che asseriva che il vaccino antinfluenzale aumentava il rischio del coronavirus del 36%.

 

Riguardo al vecchio vaccino antinfluenzale vi è stato in questi anni qualche dubbio, qualche storia agghiacciantequalche lotto ritirato, qualche morte sospetta, tuttavia ovviamente con «nessuna correlazione».

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine su licenza Envato

Continua a leggere

Vaccini

Imprinting immunitario per i vaccinati e risposte insolite ai booster mRNA: studio

Pubblicato

il

Da

Le persone che hanno assunto almeno tre dosi della versione originale del vaccino mRNA COVID-19 hanno avuto un forte imprinting immunitario, ha scoperto uno studio dell’Università di Washington. Lo riporta Epoch Times.   Di conseguenza, quando vaccinati con i più recenti richiami dell’mRNA di COVID-19 XBB.1.5, i riceventi hanno prodotto pochi o nessun anticorpo specifico per la variante XBB.1.5.   L’imprinting immunitario si verifica quando precedenti infezioni o vaccinazioni lasciano una memoria immunitaria così forte che il corpo continua a produrre cellule immunitarie e anticorpi mirati alla precedente esperienza immunitaria, anche se esposto a una nuova variante o vaccino.   L’imprinting immunitario «potrebbe essere un problema se la persona non fosse in grado di innescare una risposta immunitaria utile contro una nuova variante», ha detto alla testata statunitense il dottor Stanley Perlman, immunologo e microbiologo dell’Università dell’Iowa. Non è stato coinvolto nello studio.   Anche se ciò non si è verificato in questo studio, la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo la vaccinazione avevano come bersaglio la variante originale del COVID-19 e non XBB.1.5.

Sostieni Renovatio 21

«L’imprinting non è un concetto nuovo, ma la situazione che stiamo osservando sembra essere piuttosto unica», ha affermato David Veesler, che ha un dottorato in biologia strutturale, è professore e presidente del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Washington e ricercatore con l’Howard Hughes Medical Institute, in un comunicato stampa.   L’imprinting immunitario è un fenomeno ben noto che può verificarsi con altre infezioni e virus. Nuove infezioni influenzali distinte dalle varianti precedenti possono superare l’imprinting derivante dalle vaccinazioni e dalle infezioni antinfluenzali.   Tuttavia, nello studio UW, l’imprinting immunitario persisteva anche tra i soggetti infettati dalle nuove varianti di omicron.   «È completamente diverso da ciò che sappiamo del virus dell’influenza», ha affermato Veesler.   «L’imprinting immunitario persiste dopo esposizioni multiple ai picchi di Omicron attraverso la vaccinazione e l’infezione, inclusa la vaccinazione di richiamo post XBB.1.5, che dovrà essere presa in considerazione per guidare la futura vaccinazione», scrivono gli autori dello studio.   Allo studio hanno partecipato più di 20 persone con una storia di tre o più vaccini mRNA della variante Wuhan. La maggior parte era stata infettata da infezioni da COVID-19 pre e post-omicron.   Oltre ai vaccini originali a mRNA, la maggior parte dei partecipanti ha assunto il richiamo bivalente o il richiamo XBB.1.5. Al momento dello studio, tutti i partecipanti avevano effettuato da quattro a sette iniezioni.   Gli autori hanno scoperto che la maggior parte degli anticorpi prodotti dopo l’inoculazione dell’mRNA XBB.1.5 erano i migliori nel neutralizzare la variante originale di Wuhan COVID-19.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

Gli anticorpi avevano la seconda maggiore potenza neutralizzante contro la variante BA.2.86 omicron. Gli anticorpi erano il terzo più potente contro XBB.1.5 nelle persone che avevano assunto il vaccino XBB.1.5.   Questi anticorpi erano cross-reattivi, nel senso che potevano anche legarsi ad altre varianti, comprese le varianti XBB.1.5. Tuttavia, erano presenti pochi o nessun anticorpo specifico per XBB.1.5.   Alcune persone hanno prodotto nuove cellule immunitarie che hanno riconosciuto solo XBB.1.5. Tuttavia, dei 12 partecipanti valutati, solo cinque avevano cellule immunitarie che riconoscevano XBB.1.5 ma non la variante Wuhan.   «La maggior parte degli anticorpi richiamati dai richiami vaccinali aggiornati sono cross-reattivi e aiutano a bloccare nuove varianti, il che è positivo. Tuttavia, potremmo fare un lavoro ancora migliore? La risposta è molto probabilmente sì», ha affermato Vessler.   Una possibile spiegazione è che il vaccino mRNA crea un effetto di imprinting immunitario più robusto rispetto ai vaccini precedentemente noti. Gli autori hanno citato un altro studio che ha scoperto che l’inoculazione con virus COVID-19 uccisi ha prodotto un effetto di imprinting ridotto negli esseri umani.   «I vaccini inattivati ​​inducono una risposta immunitaria più debole, quindi ci sono meno possibilità che la risposta sia influenzata» verso una variante, ha detto il dottor Perlman.   «I vaccini mRNA potrebbero essere stati così efficaci e suscitato risposte immunitarie così forti che l’imprinting potrebbe essere più forte di quello che siamo abituati a vedere con i vaccini per altri virus come quello dell’influenza», ha affermato Veesler.   L’imprinting immunologico, conosciuto anche come «peccato originale antigenico» (e noto anche come effetto Hoskins), si riferisce alla tendenza del sistema immunitario umano a fare affidamento sulla memoria immunologica anziché generare nuovi anticorpi in risposta a una seconda esposizione al patogeno, anche se questo presenta caratteristiche diverse rispetto a quello originario.

Aiuta Renovatio 21

Questo fenomeno costringe il sistema immunitario a utilizzare la stessa risposta immunitaria contro lo stesso antigene, impedendogli di sviluppare nuove risposte contro il patogeno (come virus o batteri) che nel frattempo può aver subito mutazioni. Il peccato originale antigenico è stato osservato in virus come l’influenza, la dengue, l’HIV e molti altri.   Questo principio fu per la prima volta formulato nel 1960 dal virologo ed epidemiologo Thomas Francis (1900-1969) nel suo articolo «On the Doctrine of Original Antigenic Sin» («Sulla dottrina del peccato originale antigenico»), e prese il nome per analogia con il concetto teologico del peccato originale.   «Nella vita, durante la prima infezione dal virus dell’influenza di tipo A, il bambino produrrà anticorpi diretti principalmente contro l’antigene dominante del patogeno» sosteneva, secondo Richard Krause, lo studioso che guidò lo sviluppo del vaccino polio con il suo studente Jonas Salk. «L’impronta del primo ceppo di virus nel sistema immunitario condizionerà le future risposte immunitarie. Questo è quello che intendiamo come “peccato originale antigenico”».   Detto anche primary addiction, il concetto sottolinea la propensione del sistema immunitario a utilizzare preferenzialmente la memoria immunologica basata su una precedente infezione quando viene incontrata una seconda versione leggermente diversa di quell’agente patogeno estraneo (ad esempio un virus o un batterio). Ciò lascia il sistema immunitario «intrappolato» dalla prima risposta che ha dato a ciascun antigene e incapace di innescare risposte potenzialmente più efficaci durante le infezioni successive. Gli anticorpi o le cellule T indotti durante le infezioni con la prima variante dell’agente patogeno sono soggetti al congelamento del repertorio, una forma di peccato antigenico originale.   Già in passato La relativa inefficacia del richiamo bivalente contro la variante SARS-CoV-2 Omicron nei pazienti che avevano precedentemente ricevuto vaccini COVID-19 è stata attribuita all’imprinting immunologico in un articolo («Vaccini bivalenti contro il Covid-19: un avvertimento») pubblicato nel febbraio 2023 dal prestigioso New England Journal of Medecine a firma dell’ultravaccinista Paul Offit.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21
           
Continua a leggere

Salute

Vaccini COVID e trasfusioni, studio giapponese chiede la sospensione a causa dei problemi di contaminazione delle banche del sangue

Pubblicato

il

Da

Secondo un recente studio giapponese, ricevere trasfusioni di sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 potrebbe rappresentare un rischio medico per i riceventi non vaccinati poiché numerosi eventi avversi vengono segnalati tra le persone vaccinate in tutto il mondo. Lo riporta la testata americana Epoch Times.

 

La revisione dello studio preprint, pubblicata il 15 marzo, ha esaminato se ricevere sangue da individui vaccinati contro il COVID-19 è sicuro o rappresenta un rischio per la salute. Molte nazioni hanno riferito che l’uso del vaccino mRNA ha provocato «trombosi post-vaccinazione e conseguenti danni cardiovascolari, nonché un’ampia varietà di malattie che coinvolgono tutti gli organi e sistemi, compreso il sistema nervoso».

 

Le vaccinazioni ripetute possono rendere le persone più vulnerabili al COVID-19, ha affermato. Se il sangue contiene proteine ​​​​spike, diventa necessario rimuovere queste proteine ​​prima della somministrazione e non esiste attualmente una tecnologia del genere disponibile, hanno scritto gli autori.

Sostieni Renovatio 21

Contrariamente alle aspettative precedenti, è stato scoperto che i geni e le proteine ​​dei vaccini genici persistono nel sangue dei soggetti vaccinati per «periodi di tempo prolungati». Inoltre, «una serie di eventi avversi derivanti dai vaccini genetici vengono ora segnalati in tutto il mondo». Ciò include una vasta gamma di malattie legate al sangue e ai vasi sanguigni.

 

Alcuni studi hanno riportato che la proteina «spike» nei vaccini mRNA è neurotossica e in grado di attraversare la barriera emato-encefalica, afferma la revisione. «Pertanto, non vi è più alcun dubbio che la proteina spike utilizzata come antigene nei vaccini genetici sia essa stessa tossica».

 

Inoltre, le persone che hanno effettuato più iniezioni di vaccini a mRNA possono avere diverse esposizioni allo stesso antigene in un breve lasso di tempo, il che può portare a «imprimere una risposta immunitaria preferenziale a quell’antigene».

 

Ciò ha portato i destinatari del vaccino COVID-19 a diventare «più suscettibili a contrarre il COVID-19».

 

Date tali preoccupazioni, i professionisti medici dovrebbero essere consapevoli dei «vari rischi associati alle trasfusioni di sangue utilizzando prodotti sanguigni derivati ​​da persone che hanno sofferto di COVID a lungo termine e da destinatari di vaccini genetici, compresi coloro che hanno ricevuto vaccini a mRNA».

 

L’impatto di tali vaccini genetici sugli emoderivati ​​così come i danni effettivi da essi causati sono attualmente sconosciuti, hanno scritto gli autori.

 

«Al fine di evitare questi rischi e prevenire un’ulteriore espansione della contaminazione del sangue e una complicazione della situazione, chiediamo con forza che la campagna di vaccinazione con vaccini genetici venga sospesa e che venga effettuata una valutazione del rapporto rischio-beneficio il prima possibile».

 

La vaccinazione ripetuta di vaccini genetici può anche finire per causare «alterazioni nella funzione immunitaria» tra i riceventi. Ciò aumenta il rischio di malattie gravi dovute a infezioni opportunistiche o virus patogeni, che non sarebbero state un problema se il sistema immunitario fosse normale, afferma la revisione.

 

«Pertanto, nell’ottica del tradizionale contenimento delle malattie infettive, è necessaria maggiore cautela nel prelievo di sangue da soggetti vaccinati genetici e nella successiva manipolazione degli emoderivati, così come durante i trapianti di organi solidi e anche negli interventi chirurgici, al fine di evitare il rischio di infezioni accidentali trasmesse per via ematica», ha affermato.

 

La revisione è stata finanziata dai membri della Società giapponese per le complicanze legate ai vaccini e dalla Volunteer Medical Association. Gli autori non hanno dichiarato alcun conflitto di interessi.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

La revisione ha sottolineato che lo stato di vaccinazione genetica dei donatori di sangue non viene raccolto dalle organizzazioni, anche se l’uso di tale sangue può comportare rischi per i pazienti. Pertanto, gli autori hanno raccomandato che, quando i prodotti sanguigni derivano da tali persone, «è necessario confermare la presenza o l’assenza di proteine ​​​​spike o mRNA modificato come in altri test per agenti patogeni».

 

«Se si scopre che il sangue contiene la proteina Spike o un gene modificato derivato dal vaccino genetico, è essenziale rimuoverli», afferma. «Tuttavia, al momento non esiste un modo affidabile per farlo».

 

Poiché «non esiste un modo per rimuovere in modo affidabile la proteina patogena o l’mRNA, suggeriamo che tutti questi prodotti sanguigni vengano scartati fino a quando non verrà trovata una soluzione definitiva».

 

Gli autori hanno sottolineato che casi di encefalite tra le persone che hanno ricevuto sangue da soggetti vaccinati contro la dengue sono stati segnalati solo l’anno scorso. Ciò suggerisce che l’attuale sistema di tracciamento e gestione dei prodotti sanguigni «non è adeguato».

 

Poiché i vaccini genetici sono stati implementati su scala globale per una popolazione massiccia, «si prevede che la situazione sarà già complicata» rispetto ai precedenti disastri farmaceutici.

 

Pertanto, esiste un «urgente bisogno» di leggi e trattati internazionali relativi alla gestione dei prodotti sanguigni, hanno scritto gli autori.

 

La questione delle trasfusioni di sangue da soggetti vaccinati contro il COVID-19 è stata molto controversa. Nel 2022, un tribunale della Nuova Zelanda si è pronunciato contro i genitori di un figlio neonato malato dopo aver rifiutato le trasfusioni di sangue di persone vaccinate. I genitori avevano chiesto al sistema sanitario di consentire la trasfusione di sangue da soggetti non vaccinati, con donatori già disposti a contribuire. Nella sua sentenza, il tribunale ha privato i genitori della custodia medica del figlio.

 

In Canada i medici hanno segnalato anche l’andamento della resistenza delle persone alle trasfusioni di sangue dei vaccinati. Parlando alla CBC nel 2022, il dottor Dave Sidhu, responsabile medico dell’Alberta meridionale per la medicina trasfusionale e dei trapianti, ha affermato che i genitori di bambini malati richiedevano sangue non vaccinato.

Aiuta Renovatio 21

«Lo vediamo circa una o due volte al mese, in questa fase. E la preoccupazione ovviamente è che queste richieste possano aumentare», disse allora.

 

Nello Stato americano del Wyoming, la deputata repubblicana Sarah Penn ha sponsorizzato un disegno di legge che impone che il sangue donato da persone che hanno effettuato iniezioni di COVID-19 venga etichettato. Ciò consentirà ai riceventi che non desiderano accettare tale sangue di rifiutarlo.

 

In un’intervista con il Cowboy State Daily, la Penn ha dichiarato che «per vari motivi, molte persone hanno intenzionalmente cercato di tenere le terapie a base di mRNA fuori dai loro corpi, fino al punto che alcuni hanno perso i loro mezzi di sussistenza (…) Le loro preoccupazioni sono giustificate».

 

Come riportato da Renovatio 21, pochi mesi dopo la vicenda canadese si ebbe il caso del piccolo Alex un bambino americano morto dopo che l’ospedale aveva rifiutato una trasfusione di sangue non vaccinato.

 

Trasfusioni e patria potestà furono al centro di un drammatico caso anche in Italia, con pronunciamento dei giudici.

 

Il tema delle scorte di sangue, e della possibilità di scegliere il proprio donatore, non è ancora affrontato dalla Sanità e dalla politica, tuttavia è un punto nodale nel quale si esprime la frattura sociale e biologica creatasi con le vaccinazioni COVID.

Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21

SOSTIENI RENOVATIO 21


Immagine su licenza Envato

Continua a leggere

Più popolari