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Famiglia

Asili parentali: la famiglia come alternativa pratica

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Madri, padri, è ora di ritornare ad occuparci, soprattutto in senso educativo, dei nostri figli.  

 

Per troppo tempo siamo rimasti convinti che la scolarizzazione statale fosse l’unica soluzione possibile, necessaria ed improcrastinabile, vissuta come obbligo civile e morale.

 

Per troppo tempo abbiamo delegato allo Stato, convinti che facesse il loro bene, il compito di crescere ed educare i nostri figli. Certo, le esigenze di tante famiglie che lavorano sono indubbiamente un fatto oggettivo. Molti non sanno come organizzarsi per la gestione dei figli, specie in una società dove la famiglia non viene affatto aiutata e dove la donna deve essere parte di quel sistema che obbliga la madre a lavorare per pagare l’asilo del figlio: un ossimoro assurdo e privo di ogni logica.

Cosa ci sarebbe in realtà di più bello, per un bambino, di crescere in famiglia? Come possiamo credere, senza quantomeno sentirci ridicoli, che un bambino cresca meglio passando più tempo all’asilo, ovvero in un ambiente estraneo, che all’interno del proprio focolare? 

 

Tuttavia è tempo di uscire dalla convinzione secondo la quale i bambini avrebbero un assoluto bisogno di socializzare, il quale potrebbe essere evaso solo andando all’asilo cinque giorni o perché no, sei, su sette. Il bambino socializza con chiunque e con tutto ciò che sta intorno a lui, e non ha bisogno né di tempi predefiniti ed abbondanti né tantomeno di un elevato numero di amichetti con i quali giocare otto ore al giorno per tutta la settimana, finendo per passare più tempo fuori che in famiglia.

 

Cosa ci sarebbe in realtà di più bello, per un bambino, di crescere in famiglia? Come possiamo credere, senza quantomeno sentirci ridicoli, che un bambino cresca meglio passando più tempo all’asilo, ovvero in un ambiente estraneo, che all’interno del proprio focolare? 

 

Questi sono i veri stereotipi che la società e le ideologie contemporanee ci hanno voluto inculcare. Fare figli per poi parcheggiarli all’asilo, convincendoci che a loro faccia bene e convincendo il bambino che sia per il suo bene. Come si può pensare che ci sia effettivamente del bene nel consegnare il proprio figlio alle otto di mattina per riprenderlo alle cinque del pomeriggio? 

 

L’esperienza personale sopra la quale voglio spendere qualche riga mi spinge a sostenere che sia giunto il momento di dare una svolta, anche in virtù del nuovo modello di asilo e di scuola che vorrebbero propinarci.

Come si può pensare che ci sia effettivamente del bene nel consegnare il proprio figlio alle otto di mattina per riprenderlo alle cinque del pomeriggio? 

 

Non è un mistero che i campi estivi iniziati da poco siano l’esperimento per le modalità di ripartenza di asili e scuole a settembre. Le linee guida di questi centri indicano una priorità: insegnare ai bambini cosa sia il «distanziamento sociale», praticandolo ed inoculandolo attraverso il giuoco. È qualcosa di davvero preoccupante che non può certo farci dormire sonni tranquilli. 

 

Già in tempi non sospetti, quando il COVID ancora non esisteva, insieme ad alcune altre famiglie ci siamo chiesti cosa si potesse creare per i nostri figli, per non farli finire dentro al calderone ideologico dell’asilo a tutti i costi. 

 

Famiglie diverse per estrazione, Fede e convincimenti, esigenze non identiche per tutti ma con un comune denominatore: aiutarsi con i bambini più piccoli, già in età da asilo ma non ancora in età da scuola, per recuperare quello spazio di relazioni umane calpestato da un sistema che non lascia tregua. 

La nostra esperienza di reciproco aiuto fra famiglie, solidale ed assolutamente gratuito dove la relazione non è mediata attraverso il denaro — nessuno paga nessuno, cosicché per una volta si torni ad essere persone e non numeri o conti in banca — ha reso felici i bambini e ha fornito a noi genitori gli strumenti per capire che tutto si può fare e che non vi è nulla di impossibile quando si vuole agire per il miglior bene dei più indifesi

 

La nostra esperienza di reciproco aiuto fra famiglie, solidale ed assolutamente gratuito dove la relazione non è mediata attraverso il denaro — nessuno paga nessuno, cosicché per una volta si torni ad essere persone e non numeri o conti in banca — ha reso felici i bambini e ha fornito a noi genitori gli strumenti per capire che tutto si può fare e che non vi è nulla di impossibile quando si vuole agire per il miglior bene dei più indifesi. Due o tre volte a settimana, senza la frenesia del dover riempire tutti i giorni, senza costrizioni o particolari obblighi: famiglie che si incontrano, si aiutano, diventano loro stesse ricreazione ed educazione per i propri figli creando qualcosa di bellissimo, importante ed alternativo. 

 

Libertà e responsabilità diventano due prerogative indispensabili per prendersi cura della  prole in maniera libera e coscienziosa, ritagliando un po’ più di tempo alle madri e ai padri per stare con i propri figli, che spesso si vedono alla mattina per parcheggiarli all’asilo tutto il giorno e poi alla sera dopo il lavoro, privati ormai di ogni pazienza ed energia. 

 

Per vivere i figli, passare con loro quegli importanti momenti di crescita che nessuno ci ridarà più, per guidare i bambini a diventare uomini, ad andare da soli, è necessario ripensare il sistema di scolarizzazione e pre-scolarizzazione attraverso uno spazio di crescita dedicato ai bambini che sia libero ma allo stesso tempo capace di dare loro strumenti per crescere in serenità ed autonomia, incanalata verso una strada obiettiva e priva di ideologie aberranti e obblighi che ledano la salute fisica, psichica e finanche spirituale. 

 

Le famiglie sono le cellule che animano la società, e che hanno il potere di opporsi ad una collettività che va in cerca del proprio suicidio

Ripristinare il concetto di mutuo soccorso fra famiglie è il primo grande passo per far fronte agli interrogativi che attanagliano — e giustamente — la mente e la quiete di tanti genitori che hanno alzato la testa e rizzato le antenne notando che c’è qualcosa che non va.

 

Le risorse che cerchiamo all’esterno possono essere in realtà più interne di quanto crediamo. Le famiglie sono le cellule che animano la società, e che hanno il potere di opporsi ad una collettività che va in cerca del proprio suicidio. 

 

Il momento è ora, ed è il momento di rimettere al centro la salute in tutta la sua integrità umana ed ontologica.

 

 

Cristiano Lugli 

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Bioetica

Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni. 

 

Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.

 

Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?

 

Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza. 

 

«Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»

 

Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:

 

«Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».

 

Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:

 

«In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

 

 

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Famiglia

L’Irlanda vota per mantenere il linguaggio «sessista» nella sua Costituzione

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Gli elettori irlandesi hanno respinto a stragrande maggioranza la proposta di rivedere la definizione di famiglia nella Costituzione del Paese e di rimuovere la menzione dei «doveri domestici» delle donne. Sia il governo che i partiti di opposizione hanno sostenuto che il testo attuale contiene un linguaggio antiquato e sessista sulle donne e sul loro ruolo nella società.

 

Venerdì si è svolto il referendum in materia, in significativa concomitanza con la Giornata internazionale della donna.

 

Agli elettori è stata offerta la possibilità di espandere la tutela costituzionale delle famiglie per includere quelle fondate su «relazioni durevoli» diverse dal matrimonio. È stato anche proposto loro di eliminare la clausola sul dovere dello Stato di «garantire che le madri non siano costrette, per necessità economica, a impegnarsi nel lavoro trascurando i loro doveri domestici».

 

Secondo i risultati ufficiali diffusi sabato sera, il 67,7% ha votato contro la ridefinizione della famiglia, mentre quasi il 74% ha respinto la rimozione della clausola dei «doveri domestici».

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«Penso che sia chiaro in questa fase che i referendum sull’emendamento sulla famiglia e sull’emendamento sull’assistenza sono stati sconfitti», ha detto sabato il primo ministro di origine indiana Leo Varadkar, il primo premier irlandese gay dichiarato, in una conferenza stampa a Dublino, ammettendo che le autorità non sono riuscite a convincere la maggioranza dell’opinione pubblica.

 

In precedenza aveva sostenuto che il voto per il «no» sarebbe stato «un passo indietro» per i diritti delle donne e aveva criticato «il linguaggio molto antiquato e molto sessista» della costituzione. Anche il vice primo ministro Micheal Martin ha espresso la sua frustrazione per i risultati, ma ha sottolineato che il governo li «rispetta pienamente».

 

Secondo i media irlandesi, la formulazione vaga degli emendamenti, i problemi di comunicazione e la campagna poco brillante sono stati tra i motivi per cui la gente ha votato «no».

 

Adottata nel 1937, la costituzione irlandese è stata fortemente influenzata dalla Chiesa cattolica e, secondo i critici, riflette posizioni conservatrici sulle questioni sociali.

 

Nell’ultimo decennio, tuttavia, il Paese ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso e ha abrogato il divieto quasi totale di aborto, dopo una campagna finanziata ampiamente da potentati economici internazionali interessati per qualche ragione a introdurre il figlicidio anche nella terra di San Patrizio.

 

Come riportato da Renovatio 21, ora il 95% delle donne irlandesi uccide il proprio figlio nel grembo materno se i test indicano che il bambino potrebbe avere la sindrome di Down.

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Immagine di pubblico dominio CCo via Wikimedia

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Famiglia

Incesto, ecco gli articoli sulla grande stampa a favore. Iniziamo con i cugini

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Il settimanale The Economist, che ha portata mondiale, ha pubblicato un articolo in cui dice che andare a letto con i propri cugini o cugine «va probabilmente bene».   Dopo aver brevemente accennato allo Stato del Kentucky per una proposta «rapidamente ritirata» di rimuovere «cugino di primo grado» dall’elenco statale dei parenti incestuosi, l’articolo prosegue spiegando che il rischio di mutazioni genetiche tra i discendenti di cugini di primo grado è «maggiore» rispetto alle relazioni non incestuose, tuttavia «l’aumento è piuttosto limitato».   Per giustificare ulteriormente i rapporti con i parenti, The Economist suggerisce che è ingiusto prevenire l’incesto perché «molte altre coppie affrontano rischi molto più elevati di complicazioni genetiche per la loro prole, e tali unioni non sono vietate», come le persone con geni recessivi per alcuni disturbi, come l’anemia falciforme o la fibrosi cistica, i loro figli hanno il 25% di probabilità di nascere con quel disturbo, «eppure quei matrimoni sono consentiti».   Si tratta, come visibile, di una chiara introduzione nella società di leggi eugenetiche, che basano la riproduzione su basi «scientifiche» invece che morali – cioè una sostituzione scientista, se non propriamente nazista, della morale naturale, per la quale la grande stampa sta ora facendo apertamente il tifo.   Meglio accoppiarsi incestuosamente con il proprio cugino che con qualcuno con il quale potrebbe succedere di produrre figli «difettosi»: no, nemmeno Hitler era arrivato fin qui, mentre la liberaldemocrazia non si fa problemi – con tanto di bollino medico scientifico.

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«La legge contro il matrimonio tra cugini di primo grado è una grave forma di discriminazione», ha dichiarato all’Economist la dottoressa Robin Bennett, direttore della consulenza genetica del Dipartimento di Medicina dell’Università di Washington. Secondo la Bennett «i rischi sono molto bassi e non molto diversi da quelli di qualsiasi altra coppia».   L’Economist quindi prosegue facendoci sapere che «la Bibbia non vieta direttamente i rapporti sessuali tra cugini»: «come altrimenti tutta l’umanità sarebbe discesa da Adamo ed Eva?» scrive il prestigioso giornale che è partecipato dalla famiglia Elkann-Agnelli. Tuttavia, si ricorda, «la Chiesa cattolica romana ha fatto in seguito proibirono ai cugini di primo grado di sposarsi, anche se furono fatte eccezioni a pagamento». Aggiungiamo noi che, dopo Fiducia Supplicans, nessuno si stupirebbe di un documento vaticano Incestus splendens con il tana libera tutti per il sesso tra consanguinei, magari da benedire in Chiesa, con copia omaggio di un libro di teologia erotica del cardinale Tucho Fernandez.   Vi è tuttavia un caso interessante citato dalla prestigiosa rivista, paradossalmente quello del fondatore della fallace teoria dell’evoluzione da cui l’eugenetica prende avvio.   «Si dice che Charles Darwin, il padre della biologia evoluzionistica, sposò la sua cugina di primo grado nel 1839, fosse in conflitto riguardo alla propria situazione. I Darwin ebbero dieci figli, ma tre di loro morirono durante l’infanzia e tre dei suoi figli sopravvissuti non ebbero mai figli con i loro coniugi. Alcuni storici ipotizzano che i bambini soffrissero di anomalie genetiche dovute alla stretta parentela dei loro genitori: le famiglie di Darwin e di sua moglie avevano una lunga storia di matrimoni misti».   «Eppure, nonostante il rischio genetico piuttosto basso per la maggior parte delle coppie, nella cultura occidentale prevale il fattore “schifo”. Le dinamiche familiari possono essere difficili da spiegare agli altri. Molte coppie consanguinee scelgono di tacere, afferma la Bennett. Per questo motivo è difficile sapere quante di queste coppie esistano in America» scrive The Economist.   La destrutturazione partita di questo ultimo, o penultimo, o terzultimo, o quartultimo tabù ha una sua logica sottostante: i casi di incesto diverranno la norma con l’aumento della riproduzione artificiale, ora pagata dallo Stato anche in Italia.   Con la donazione di gameti, infatti, si sviluppa chiaramente la possibilità che due individui prodotti in laboratorio dagli stessi spermatozoi o ovuli possano, una volta cresciuti, incontrarsi ed accoppiarsi, soprattutto perché cliniche e strutture che offrono la FIVET servono persone di un determinato territorio che quindi cresceranno i prodotti del processo nella stessa zona.   La cosa non riguarda nemmeno solo la FIVET: la donazione di sperma «selvaggia» dilaga, offerta pure su gruppi Facebook, con situazioni in cui singoli donatori hanno inavvertitamente «donato», tra le centinaia o persino migliaia di persone, a donne anche vicine fra loro come colleghe di lavoro. Stessa situazione capita nei casi di «frode della fertilità», dove il medico fertilizza segretamente i gameti delle sue pazienti con il proprio seme: un dramma che va avanti da decenni, e per il quale non ci sono ancora leggi adeguate.   Il risultato è una società fatta di individui creati in vitro segretamente imparentati a livello genetico, dove l’incesto diviene inevitabile.   Come riportato da Renovatio 21, casi di «incesto in provetta» materialmente già consumatisi stanno venendo riportati con orrore – ma la Finestra di Overton è, come possiamo vedere, ben avviata e passata tra fase «impensabile» e «radicale» a quella «razionale». Le fasi di popolarizzazione (attraverso film e serie TV, celebrità e tabloid) e di legalizzazione sono appena più avanti.

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