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Bioetica

Aborto a New York, la parola al medico

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​Dopo aver spiegato, in termini giuridici, attraverso un avvocato, ciò che veramente è successo nello Stato di New York con la legalizzazione dell’aborto al nono mese, Renovatio 21 intervista la Dr.ssa Martina Collotta, medico, esperta in materia bioetica, per offrire ai lettori la possibilità di comprendere cosa voglia dire, da un punto di vista non solo medico, ma anche e soprattutto etico e morale, un aborto al nono mese e, più in generale, cosa sia veramente un aborto.

Con la Dr.ssa Collotta ripercorriamo il tema dell’aborto passando dall’America fino all’Italia.

 

Dr.ssa Collotta, nello Stato di New York il Governatore Andrew MCuomo ha firmato un documento che permetterà l’aborto fino al nono mese. Partiamo da un dato importante: si tratta di una novità?

La legge precedente già permetteva l’aborto anche oltre la 24esima settimana (la settimana a cui corrisponde la viabilità del feto, ovvero la possibilità di vita autonoma fuori dal grembo materno), ma solo in caso di pericolo di vita della madre.

 

Questa nuova legge, invece, permette l’aborto anche in caso di minaccia alla salute della madre, non solo alla sua vita. Il concetto di salute, come anche la 194/78 italiana tristemente insegna, finisce con l’includere non solo problematiche fisiche, ma anche psicologiche, il più delle volte addotte come scuse per giustificare il ricorso all’aborto.

Il concetto di salute, come anche la 194/78 italiana tristemente insegna, finisce con l’includere non solo problematiche fisiche, ma anche psicologiche, il più delle volte addotte come scuse per giustificare il ricorso all’aborto.

 

Ad esempio, se la madre sostenesse che alla nascita del figlio le conseguirebbe un grave trauma psicologico per via delle difficoltà familiari o economiche in cui si verrebbe a trovare, questo sarebbe sufficiente per giustificare l’uccisione del bambino.

 

La novità sta in questo: l’introduzione di quel «salute della madre» che è, di fatto, una categoria non  oggettiva ed oggettivabile.

 

Il documento firmato da Cuomo fa, forse per la prima volta nella storia, un esplicito riferimento alla «salute riproduttiva». Si chiama, infatti, Reproductive Health Act.  Consiste in questo la gravità del riferimento alla salute della madre?

Il riferimento alla salute materna è duplice: uno riguarda il testo di legge e l’altro la scelta di includere nel titolo l’espressione «salute riproduttiva».

 

Come dicevo, nel caso del termine salute contenuto nel testo di legge, ci troviamo di fronte alla gravissima apertura alle più svariate scuse «mediche» per giustificare l’aborto, incluse ipotetiche e non attuali (da notare bene!) problematiche psicologiche. Quest’idea allargata di salute, nasce dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che vuole che il termine non includa solo il benessere fisico, ma quello «totale» dell’uomo, dal benessere psicologico a quello sociale… Una definizione che, come molto di quanto l’ONU ci elargisce, dice tutto e non dice niente, ma che lascia spazio ad ogni possibile strumentalizzazione abortista.

Quest’idea allargata di salute, nasce dalla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che vuole che il termine non includa solo il benessere fisico, ma quello «totale» dell’uomo, dal benessere psicologico a quello sociale… Una definizione che, come molto di quanto l’ONU ci elargisce, dice tutto e non dice niente, ma che lascia spazio ad ogni possibile strumentalizzazione

 

Il secondo riferimento, quello alla salute riproduttiva, a mio parere, smaschera ancora di più il misericordismo dei pro-choiche USA (e di tutto il mondo): l’aborto è salute per la donna, non permetterglielo è negarle il diritto alla salute, dunque, i pro-life sarebbero crudeli attivisti che metterebbero in pericolo la salute delle donne.

 

Ovviamente, delle conseguenze traumatiche, tanto a livello fisico quanto psicologico, di un aborto, non si fa cenno. È ironico anche il fatto che si parli di salute riproduttiva, in un documento che parla di aborto, di uccisione del frutto del concepimento e che, dunque, la riproduzione la ostacola, distruggendo la nuova vita che chiede di venire alla luce.

 

Da un punto di vista pratico e medico, con quale tecnica saranno uccisi questi bambini?

Questo non sembra essere chiarito nel dettaglio dal testo di legge, ma sappiamo che negli Stati Uniti (e non solo) le metodiche utilizzate nel caso di aborti oltre il termine di inizio di viabilità fetale, variano dall’iniezione letale in utero, all’aborto a nascita parziale.

 

Nel caso poi il feto sopravviva a quanto operato per tentare di ucciderlo nel grembo materno e, al parto indotto consegua la nascita di un feto vivo, non vengono a lui prestate né cure assistenziali (nemmeno il calore di una coperta) nè cure mediche, privandolo, di fatto, della possibilità di vivere, trattandosi di un prematuro. Il bambino viene dunque lasciato morire (di fame, di sete e di freddo!), configurando un vero e proprio infanticidio.

 

Nel caso poi il feto sopravviva a quanto operato per tentare di ucciderlo nel grembo materno e, al parto indotto consegua la nascita di un feto vivo, non vengono a lui prestate né cure assistenziali (nemmeno il calore di una coperta) nè cure mediche, privandolo, di fatto, della possibilità di vivere, trattandosi di un prematuro.

Un dato che rende bene l’idea di quanto in America si sia appena celebrata un’altra vittoria della necrocultura, è quello legato al fatto che non ci sarà più bisogno di un medico per praticare l’aborto, ma basterà un suo assistente, un infermiere e un’ostetrica. Questo la dice lunga sul disprezzo tracotante verso la vita umana, non crede?

Assolutamente sì. E non solo!  Questo rivela ancora di più l’ipocrisia nascosta dietro il solito pretesto che legalizzare l’aborto significhi salvare la vita di molte donne, tutelando la loro salute minacciata dagli aborti clandestini. Permettendo che a praticare l’aborto non sia un medico, ma un qualsiasi altro operatore sanitario, di fatto la qualità dell’assistenza professionale, cala. È inevitabile.

 

Ai non medici manca, professionalmente, la capacità di far fronte ad eventuali complicanze che potrebbero insorgere in seguito a quello che è un vero e proprio intervento chirurgico, tanto più invasivo, tanto più la gravidanza avanza.

 

La preoccupazione, dunque, si mostra essere non tanto quella di garantire alle donne un aborto in sicurezza (la ben nota scusa degli abortisti), quanto quella di aumentare il più possibile il numero di aborti, con buona pace della salute (!) delle donne.

 

Veniamo all’Italia: qualche bufalaro di turno ha detto che in America si è semplicemente legalizzato ciò che in Italia già era possibile con la L. 194/78. Le cose stanno veramente così?

No, in Italia la 194, nel caso di aborti oltre il limite in cui è possibile la vita autonoma del nascituro, tutela la vita dello stesso, ovvero il medico è tenuto a prestare tutte le cure che un nato prematuro necessita per garantirgli possibilità di vita. L’iniezione letale, ad esempio, non è certamente ammessa, così come il partial birth abortion.

 

Inoltre, come prima del Reproductive Health Act a New York, i casi in cui l’aborto può essere praticato ad un’età gestazionale così avanzata, sono limitati al grave pericolo per la vita della donna.

 

Il bambino viene dunque lasciato morire (di fame, di sete e di freddo!), configurando un vero e proprio infanticidio

Ci spieghi cosa è previsto, in Italia, dopo i 90 giorni di gravidanza. 

Possiamo individuare due periodi che vanno dal 90° giorno in poi, ricordando che, in pratica, prima del 90° giorno, la donna può abortire sempre e con qualsiasi pretesto.

 

Dal 90° giorno alla possibilità di vita autonoma del nascituro, si può abortire in caso di grave pericolo per la vita della donna, o di grave pericolo per la sua salute fisica o psichica determinata da accertati processi patologici. Se il caso del pericolo di vita è chiaro, per comprendere il caso del grave pericolo di salute, dobbiamo dire che questo, a differenza di quanto stabilisce la legge per i primi 90 giorni, deve essere di un’entità maggiore (il testo usa qui il termine grave) e accertato da medici competenti (non basta la parola della donna).

 

Tra gli «accertati processi patologici» rientrano anche le malformazioni del nascituro che, tuttavia, non rilevano in se stesse, ma solo in quanto in grado di causare una malattia psichica della madre.

 

Dal momento in cui sussiste possibilità di vita autonoma del nascituro (la 24esima settimana, anche se non mancano in letteratura casi di grandi prematuri, fino a 21 settimane, sopravvissuti nonostante gravi disabilità), l’aborto è limitato ai casi di grave pericolo per la vita della donna e, come detto, la vita del feto deve essere salvaguardata (parto indotto).

 

Questo, però, potrebbe portare qualche sprovveduto a pensare che in Italia si stia meglio che a New York per il principio del «male minore». Vuole ricordarci la criminalità di questa legge?

Non possiamo certamente parlare di male minore dato che l’oggetto dell’aberrante azione dell’aborto è sempre quello dell’uccisione di un essere umano innocente e indifeso, e sappiamo che non vi è differenza tra la persona dell’embrione, la persona del feto al 90°giorno, la persona del feto al nono mese di gravidanza e la persona del bambino prima e dell’adulto poi.

 

Si tratta sempre e comunque di omicidio. Non possiamo invocare il male minore, quando di male morale si parla.

 

 «Il bambino viene afferrato con il forcipe per una gamba ed estratto parzialmente attraverso il canale vaginale. La parte superiore del torace e la testa rimangono ancora all’interno del corpo della madre, quando viene praticato un foro nel cranio del bambino e, attraverso una pompa aspirante, ne viene risucchiato il contenuto».

So che è qualcosa di straziante, ma le chiedo di descriverci in cosa consiste l’aborto a nascita parziale.

Mi limito a descrivere la tecnica in linea generale, perché ogni commento è superfluo. Il bambino viene afferrato con il forcipe per una gamba ed estratto parzialmente attraverso il canale vaginale. La parte superiore del torace e la testa rimangono ancora all’interno del corpo della madre, quando viene praticato un foro nel cranio del bambino e, attraverso una pompa aspirante, ne viene risucchiato il contenuto.

 

Al termine viene estratta anche questa parte del corpo del bambino a cui di fatto è stato risucchiato il cervello, se mi permettete la franchezza.

 

Non viene effettuata anestesia alcuna al bimbo, che, anzi, spesso si dimena durante la procedura.

 

Una questione un po’ fumosa è quella che riguarda il cosiddetto «aborto a nascita parziale». Qualcuno si chiede se con questo atto appena emanato a New York sia ora possibile compierlo. Pensa sia possibile?

Di fatto, la legge USA ha vietato l’aborto a nascita parziale con il partial-birth abortion ban act, ma, come ci è facile capire in analogia all’operato della magistratura italiana, facendo ricorsi e appelli alle corti locali, l’aborto a nascita parziale viene praticato e resta impunito in alcuni casi (e Stati). Le giustificazioni addotte includono quanta parte del corpo del feto è stata estratta dal corpo della madre (se sopra o sotto l’ombelico), tanto per renderci conto dell’ipocrisia dei giudici…

Embrione, feto e feto a termine sono sempre e comunque persona, in perfetta continuità temporale, senza alcun cambio sostanziale

 

Cosa accadrà, nello specifico, a New York, è al momento difficile a dirsi. Certamente, la legge passata con Cuomo, non farà che fornire qualche scusa in più per giustificare un’eventuale pratica del partial-birth abortion.

 

L’aborto è stato reso in un certo senso invisibile. Forse che questo lo abbia fatto completamente digerire e, quindi, abbia depotenziato la percezione della gravità della barbarie? 

Purtroppo l’introduzione dell’aborto chimico con la pillola del giorno dopo e dei 5 giorni dopo ha contribuito a rendere l’aborto, soprattutto quello che precoce, in un certo senso sì: invisibile.

 

Tristemente la mentalità liberale contribuisce a indebolire sempre di più la capacità di riconoscere l’embrione come persona e dunque la percezione della gravità di un atto uccisivo nei suoi confronti.

 

Quanto accaduto a NY può risvegliare qualche coscienza secondo lei?

Me lo auguro, ma temo che il valore che viene attribuito alla vita intrauterina da coloro che sostengono l’aborto, non sia molto diverso nel caso di un embrione o di un feto a termine. Chi non riconosce nel concepito una nuova ed unica vita, una persona umana, faticherà a riconoscerlo in un bambino non ancora venuto alla luce.

 

Il rischio, allo stesso tempo, è quello che qualcuno si scandalizzi troppo per quanto decretato in America: non crede però che per chi vuole difendere la Vita, la questione cambi in realtà di poco? Non è che si rischia di pensare che a nove mesi sia più grave che a 5 giorni dal concepimento?Per chi riconosce e difende la vita umana dal momento del concepimento, non cambia nulla infatti. Embrione, feto e feto a termine sono sempre e comunque persona, in perfetta continuità temporale, senza alcun cambio sostanziale. Così come, all’opposto, embrione, feto e feto a termine, non meritano tutela alcuna, ma possono essere uccisi, nell’opinione di chi l’aborto lo difende e promuove.

 

Non è un limite spostato a cambiare le coscienze, anzi, credo che atti come questo dovrebbero solo aiutarci a riconoscere l’ipocrisia nascosta in ogni altra legge che permette l’aborto, non importa quando e con quali «motivazioni» (ma chiamiamole scuse, perché, alla fine, non sono altro che pretesti).

I radicali-dem palesi e radicali-dem occulti nostalgici della DC confondono la libertà con la licenza e credono di poter legittimare l’illecito morale con la liceità legale

 

Detta fra noi: i democratici americani di oggi, sono i democristiani italiani di ieri (e, purtroppo, ancora presenti)?

Certamente democratici e democristiani sembrano condividere ambiguità di linguaggio (pensiamo al termine salute) e ipocrisia (con la solita sfruttata equivalenza «aborto legalizzato=salute della donna»). Tra i democratici americani, tuttavia, troviamo anche le frange più liberali tra quelle liberali e che si dichiarano manifestatamente tali (la nostra sinistra radicale).

 

Resta il fatto che tutte le categorie (radicali-dem palesi e radicali-dem occulti nostalgici della DC) confondono la libertà con la licenza e credono di poter legittimare l’illecito morale con la liceità legale.

 

Cristiano Lugli

 

 

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Polonia, l’aborto avanza in Parlamento

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Il 12 aprile 2024, i parlamentari polacchi hanno votato a favore di quattro progetti di legge volti a generalizzare l’accesso delle donne all’aborto nel paese. Fatto senza precedenti in quasi trent’anni, ma che non dovrebbe cambiare radicalmente la situazione a breve termine, perché una modifica della legge in questa direzione si scontrerebbe con il veto presidenziale del conservatore Andrzej Duda.

 

«Lo Stato deve fare tutto affinché l’aborto sia accessibile, legale, praticato in condizioni adeguate, senza pericoli». I commenti espressi l’11 aprile 2024 da Katarzyna Kotula non hanno mancato di offendere più di un cattolico polacco, poiché erano inimmaginabili anche un anno fa.

 

Tuttavia, è dalla piattaforma della Dieta – la camera bassa del parlamento polacco – che il ministro dell’Uguaglianza presenta il disegno di legge portato avanti dalla Coalizione Civica del primo ministro Donald Tusk, volto a liberalizzare l’accesso all’aborto fino a dodici settimane di gravidanza.

 

Per essere più precisi, quattro testi sono stati presentati da componenti della coalizione filoeuropea arrivata al potere in seguito alle elezioni del 15 ottobre 2023, dopo otto anni di governo del partito nazionalista Diritto e Giustizia (PiS).

 

La Sinistra Unita ha presentato i primi due progetti che prevedono, da un lato, la depenalizzazione dell’aborto assistito, e dall’altro la legalizzazione completa dell’aborto, senza ostacoli, fino alla dodicesima settimana di gravidanza.

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Il terzo progetto viene dal partito politico del primo ministro Donald Tusk, e chiede anch’esso la legalizzazione fino alla dodicesima settimana, con diverse riserve rispetto al testo della Sinistra Unita.

 

Il quarto testo, presentato dalla Terza Via, un’alleanza del partito contadino conservatore PSL e del movimento cristiano-democratico Polonia 2050 del presidente della Dieta, Szymon Holownia, chiede il ritorno allo status quo in vigore tra il 1993 e il 2020. L’IVG era possibile in tre casi: malformazione del feto, pericolo per la vita o la salute della madre, stupro o incesto.

 

Il partito della Terza Via è anche favorevole all’indizione di un referendum su un’eventuale legalizzazione più ampia dell’aborto, un ricorso al voto popolare sorprendentemente criticato dalle organizzazioni femministe – che però hanno sulle labbra solo le parole di «democrazia» e «libertà» – e per una buona ragione.

 

Secondo un sondaggio effettuato poco prima del voto in Parlamento da IPSOS, la società polacca appare divisa sulla questione. Il 35% delle intervistate vuole avere accesso all’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza; Il 21% è favorevole al ripristino di questo diritto in caso di malformazione fetale; Il 23% vuole un referendum e il 14% si ritiene soddisfatto dell’attuale stato della legislazione nel Paese. Una prova, se fosse necessaria, che la secolarizzazione avanza a passi da gigante sulle rive della Vistola.

 

Tuttavia, il campo progressista non rivendica la vittoria: «abbiamo motivi di soddisfazione, tuttavia molto moderati e cauti», ha dichiarato Donald Tusk dopo il voto alla Dieta del 12 aprile. Perché la liberalizzazione dell’aborto in Polonia non è per domani: resta da convocare la Commissione parlamentare speciale che dovrà essere incaricata di adottare un disegno di legge da sottoporre in seconda lettura.

 

Probabilmente il futuro testo dovrà essere corretto in senso meno liberale per conquistare la maggioranza del parlamento polacco e, se così fosse, il capo dello Stato potrebbe porre il veto. Andrzej Duda – affiliato al PiS – dovrebbe normalmente rimanere al potere fino al 2025: abbastanza per dare ai conservatori polacchi qualche mese di tregua per organizzare la difesa del diritto alla vita.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr

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Bioeticiste contro la genitorialità genetica: «usare liberamente gli embrioni congelati»

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   Alcuni bioeticisti mettono in dubbio l’importanza di una relazione genetica tra genitori e figli. Ciò che conta, sostengono, è un ambiente familiare favorevole, non i geni.    Nel Journal of Medical Ethics, una bioeticista svedese, Daniela Cutas, e una collega norvegese, Anna Smajdor, affermano che la riproduzione assistita apre le porte a nuove relazioni tra generazioni. Ma, purtroppo, l’aspettativa è che le persone imitino una famiglia nucleare convenzionale e una struttura genitore-figlio. C’è pochissima varietà o creatività.   Ad esempio, dopo la donazione di sperma postumo, una madre o una nonna portano in grembo il bambino in modo da mantenere una relazione genetica. Ma perché la genitorialità genetica e quella sociale dovrebbero coincidere?   Cutas e Smajdor sono realiste. Nel mondo di oggi, è improbabile che le persone abbandonino il loro attaccamento alle relazioni genetiche. Nel frattempo, ciò che propongono è una maggiore creatività nell’uso degli embrioni fecondati in eccedenza.    «Considerando la crescente prevalenza di infertilità in combinazione con una scarsità di gameti donati, qualcuno potrebbe, ad esempio, scegliere di utilizzare gli embrioni di propri zii. Oppure potrebbero desiderare di avere gli embrioni rimanenti dei loro fratelli. Se la preferenza delle persone ad avere una prole geneticamente imparentata è importante nei servizi di fertilità, allora ha importanza quale sia l’esatta relazione genetica?»   Esaminano più in dettaglio il caso di una donna i cui genitori hanno creato embrioni IVF. Se sono ancora disponibili, perché non dovrebbe dare alla luce i suoi fratelli? In un certo senso, questo potrebbe essere migliore di una relazione eterosessuale convenzionale:   «Innanzitutto perché gli embrioni sono già creati: non è necessario sottoporsi alla stimolazione ovarica per raccogliere e fecondare gli ovociti. In secondo luogo, le relazioni genitore-figlio sono piene di tensioni, alcune delle quali derivano da una lunga tradizione di non riconoscimento completo dello status morale dei bambini e di vederli come parte dei loro genitori in modo quasi proprietario».   Sembra un peccato sprecare tutti quegli embrioni congelati. Concludono con questo pensiero:   «In un mondo in cui i tassi di infertilità sono in aumento e i costi sociali, medici e sanitari dei trattamenti per la fertilità sono elevati, suggeriamo che ci siano motivi per ampliare le nostre prospettive su chi dovrebbe avere accesso ai materiali riproduttivi conservati».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.    
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Approvato il progetto di inclusione dell’aborto nella Carta europea

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Mercoledì 11 aprile 2024 gli eurodeputati hanno adottato, con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, una risoluzione che chiede l’inclusione dell’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che stabilisce “diritti, libertà e principi riconosciuti” negli Stati membri.

 

La risoluzione, promossa dai liberaldemocratici (Renew), dai socialdemocratici (S&D) e dalla sinistra, afferma che «controllare la propria vita riproduttiva e decidere se, quando e come avere figli è essenziale per la piena realizzazione dei diritti umani per le donne, le ragazze e tutte coloro che possono rimanere incinte».

 

I promotori hanno motivato la loro posizione con documenti delle Nazioni Unite che invitano a mantenere la «decisione individuale di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza».

 

La mozione cita anche la decisione della Francia di includere l’aborto nella Costituzione come esempio da seguire, sostenendo la «necessità di una risposta europea al declino dell’uguaglianza tra uomini e donne».

 

Minaccia ai gruppi pro-vita

I deputati sono preoccupati anche per «l’aumento dei finanziamenti ai gruppi contrari all’uguaglianza di genere e all’aborto» in tutto il mondo e nell’UE. Chiedono alla Commissione di garantire che le organizzazioni che «lavorano contro l’uguaglianza di genere e i diritti delle donne» non ricevano finanziamenti dall’UE.

 

Il testo insiste affinché gli Stati membri e le amministrazioni aumentino la spesa per programmi e servizi sanitari e di pianificazione familiare.

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Contro gli «agenti religiosi ultraconservatori»

La mozione adottata parla ancora di «forze regressive e attori religiosi ultraconservatori e di estrema destra» che «stanno cercando di annullare decenni di progressi nel campo dei diritti umani e di imporre una visione del mondo dannosa sui ruoli degli uomini e delle donne nelle famiglie e nella vita pubblica».

 

Il testo adottato dal Parlamento europeo critica alcuni Stati membri: Polonia, Malta, Slovacchia e Ungheria, le cui politiche sull’aborto sono più conservatrici della maggior parte degli altri. Esorta i governi europei a «rendere obbligatori i metodi e le procedure di aborto nel curriculum dei medici e degli studenti di medicina».

 

Nel 2022, il Parlamento Europeo aveva già adottato una risoluzione a favore dell’aborto, che condannava la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di abolire Roe vs Wade.

 

Una risoluzione che, si spera, non dovrebbe essere adottata

Questa risoluzione chiede solo una modifica alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, senza avere il potere di apportare tale modifica. La risoluzione adottata propone che l’articolo 3.2a sia modificato come segue:

 

«Tutte le persone hanno diritto all’autonomia corporea, all’accesso libero, informato, pieno e universale alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale».

 

Per apportare una modifica alla Carta dei diritti fondamentali sarebbe necessaria l’approvazione unanime dei 27 Stati membri. Alcuni Paesi in cui la vita dei bambini non ancora nati è meglio tutelata – Malta, Ungheria e Polonia – non dovrebbero, al momento, dare il loro consenso.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

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